
Harvard è l'università più blasonata del mondo. E anche la più ricca. Anche se non la migliore, almeno secondo la classifica QS Top Universities che mette in fila gli atenei del mondo e che nel 2025 la mette al quarto posto al mondo, dietro al vicino MIT, all'Imperial College di Londra e a Oxford. Fondata nel 1636, Harvard è la più antica istituzione di istruzione superiore degli Stati Uniti e per influenza, reputazione e prestigio accademico non ha paragoni al mondo. Per le imponenti aule di Cambridge, Massachusetts, nell'hinterland di Boston, sono passati otto presidenti degli States (ma non Trump, che frequentò la Wharton School of Finance and Commerce in Pennsylvania), 24 capi di Stato, 188 miliardari viventi e decine di premi Nobel.
La potenza di Harvard è raccontata dai suoi numeri. Tre campus, dieci facoltà, oltre al Radcliffe Institute for Advanced Study, due teatri, cinque musei e il più grande sistema bibliotecario accademico del mondo, con 18 milioni di volumi. Harvard ospita 24.347 studenti tra corsi di laurea e di specializzazione, 6.470 dei quali stranieri (gli italiani sono 280). La selezione è rigidissima sia da un punto di vista accademico (elevati punteggi Sat o Act, test, valutazioni dei professori precedenti, per gli stranieri la valutazione Toefl della lingua inglese) sia da quello economico, perché la retta annua può variare dai 40mila agli 80mila dollari, a cui vanno sommati i costi accessori (alloggio, cibo, trasporti eccetera) che possono tranquillamente superare i 30mila dollari annui. Naturalmente ci sono borse di studio e agevolazioni per le famiglie che guadagnano meno di 85mila dollari l'anno, ma far studiare un figlio a Harvard rappresenta comunque una scelta molto costosa.
Harvard è anche una macchina economica e finanziaria spaventosa. Il cuore del suo bilancio, che vanta asset per 76,8 miliardi di dollari, sono le dotazioni, i cosiddetti endowments, che per il 2024 hanno toccato quota 53,2 miliardi. Si tratta dell'aggregazione di 14.600 fondi messi a disposizione da privati che però pongono vincoli stringenti al loro utilizzo: circa l'80 per cento dei finanziamenti che mantengono in vita Harvard (nel 2024 sono stati redistribuiti 2,4 miliardi degli endowments che hanno coperto il 37 per cento dei 6,2 miliardi spesi per il funzionamento dell'ateneo) è bloccato. Quando l'amministrazione Trump ha congelato 2,26 miliardi di dollari delle sovvenzioni e dei contratti pluriennali dell'università invitando l'ateneo ad attingere alle sue risorse, è toccato al presidente dell'ateneo Alan Garber ricordare alla Casa Bianca che le dotazioni «non sono un conto corrente».
Come però si leggeva in un recente numero di Moneta, la Harvard Management Company (HMC) gestisce le dotazioni economiche libere da vincoli con operazioni speculative anche piuttosto spericolate, che hanno garantito nel 2024 un rendimento del 9,6 per cento.
Il 39 per cento degli investimenti è in private equity e il 32 nei più speculativi hedge fund, mentre negli anni sono diminuiti gli investimenti in asset più solidi ma meno fruttiferi come bond, fondi pubblici e mattone. Insomma, Harvard sarà anche la paladina antitrumpiana dei valori di accoglienza e democrazia, ma quando si tratta di far soldi si comporta esattamente come un lupo di Wall Street.