Maxwell interrogata. E Trump trema

Il tycoon tenta la strada della trasparenza. Il fastidio di repubblicani e popolo Maga

Maxwell interrogata. E Trump trema
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Donald Trump sperava di celebrare diversamente il giro di boa dei primi sei mesi della sua amministrazione. E invece la cronaca, peraltro innescata da un clamoroso autogol di una sua fedelissima, lo riporta indietro ai tempi, tra gli anni '90 e i primi 2000, del suo sodalizio con Jeffrey Epstein, spesso celebrato sulla pagina dei gossip del New York Post. Le contromisure messe in campo dopo la rivolta della base Maga sembrano non bastare ad allontanare l'ombra del sospetto. Ogni giorno, da giorni, emergono nuove rivelazioni. Mercoledì, è stato il Wall Street Journal a riferire per primo che a maggio, durante un incontro alla Casa Bianca, la ministra della Giustizia Pam Bondi disse a Trump che il suo nome compariva, insieme a quelli di decine di altre personalità, nei famigerati "Epstein files", i documenti riservati sul finanziere pedofilo ancora in mano all'Fbi. Le carte, insomma, che per il mondo Maga costituirebbero prova dell'esistenza di un'élite progressista che prospera al di sopra delle leggi e della morale. Poco dopo, all'inizio di luglio, Bondi annunciò che l'indagine su Epstein era chiusa. Eppure, la stessa Bondi a febbraio aveva assicurato: "La lista dei clienti è sulla mia scrivania, la stiamo esaminando".

Le rivelazioni del Wsj hanno compromesso quella che, nelle intenzioni dell'amministrazione, doveva essere la mossa per placare il furore Maga: l'incontro ieri tra il numero due di Bondi, il viceprocuratore generale Todd Blanche (ex avvocato di Trump) e Ghislaine Maxwell, l'ex fidanzata di Epstein, che in Florida sta scontando 20 anni di carcere per la complicità nei traffici sessuali del finanziere. "Se Ghislaine Maxwell ha informazioni su qualcuno che ha commesso crimini contro le vittime, l'Fbi e il dipartimento di Giustizia ascolteranno ciò che ha da dire", aveva anticipato Blanche prima dell'incontro, organizzato all'interno del tribunale federale di Tallahasse, in Florida, non lontano dal carcere dove la donna sta scontando la pena. Massimo riserbo, per ora, sui contenuti del colloquio.

Nel frattempo, un giudice della Florida respingeva la richiesta dell'amministrazione di desecretare i verbali di interrogatorio di una delle passate indagini su Epstein, per tutelare la privacy delle vittime. Altra mossa decisa per placare le polemiche in nome di una rinnovata trasparenza. Ma è ormai evidente che la presa ferrea di Trump sulla sua base elettorale e sui Repubblicani al Congresso si sia indebolita. La commissione di Controllo della Camera a guida repubblicana ha votato per interrogare la Maxwell in carcere. Data possibile l'11 agosto. Un segnale di sfiducia nell'azione del dipartimento di Giustizia. Non solo, la commissione (col voto favorevole di tre repubblicani) ha convocato in audizione i vertici del dipartimento. Per bilanciare, la Camera ha convocato anche l'ex presidente democratico Bill Clinton (altro frequentatore di Epstein), la moglie Hillary, l'ex capo dell'Fbi James Comey e Robert Mueller, procuratore speciale che indagò sul Russiagate.

Una vicenda, quest'ultima, che Trump ha rispolverato per accusare l'amministrazione Obama di avere tramato contro di lui nelle elezioni 2016, "manipolando" le informazioni di intelligence per creare la narrazione di presunti legami tra il tycoon e la Russia di Putin. Una manovra diversiva, agli occhi di gran parte degli osservatori. È passato quasi inosservato, invece, un post col quale Trump ha assicurato di volere che le aziende di Elon Musk "prosperino".

Questo, dopo le minacce di far chiudere bottega al miliardario, suo ex alleato e finanziatore, cancellandogli i ricchi contratti federali. Proprio Musk, dopo il divorzio dal tycoon, era stato il primo a denunciare: "Il nome di Trump è nei file di Epstein".

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