Non ci sono più i bombaroli di una volta. È un post velenosissimo, che gioca con la storia e i suoi lutti, quello firmato su Facebook dal senatore M5s Alberto Airola. Un messaggio che butta altra benzina sul fuoco del sindaco di Torino Chiara Appendino, destinataria di un pacco bomba confezionato senza dubbio da qualche mano esperta vicina all'anarchica piemontese. Il congegno, fermato in tempo a Palazzo Civico, avrebbe potuto esplodere nelle mani del primo cittadino con chissà quali conseguenze, ma in casa Cinque stelle si leggono sì condanne senza attenuanti del gesto vigliacco ma anche distinguo, interpretazioni contorte e fumose, e nel caso di Airola addirittura un invito, sia pure attraverso un paragone con il terrorismo di fine Ottocento, a cambiare obiettivo. Il parlamentare poi si scusa e corregge quel ragionamento sconcertante, ma ormai la frittata è fatta.
E il clima in città si fa sempre più cupo. Dopo lo sgombero, a febbraio, dell'Asilo, occupato per 24 anni dagli squatter, sotto la Mole è tutto un susseguirsi di manifestazioni e provocazioni che hanno spinto le istituzioni a dare la scorta alla sindaca. «Appendino appesa», si legge sulle scritte non proprio rassicuranti tracciate con lo spray sui muri della città. Non solo: il 5 marzo scorso gli anarchici hanno inscenato un sit-in davanti al negozio del marito della sindaca esibendo, come pezzo forte dell'happening, una bambola decapitata e a testa in giù, fissata a un attaccapanni. Ora ecco i fili e le batterie, i meccanismi del terrore.
Il sindaco ormai non è più solo un avversario, ma il nemico degli «angeli neri», che hanno sfilato anche sabato scorso, e pure dei duri e puri del Movimento pentastellato, vicini ai centri sociali e alle frange più estreme dei No Tav. «La città è lo Stato e l'istituzione va avanti per la sua strada, senza arretrare», ha ribadito ieri la Appendino. «Chi saranno quei o quel miserabile che ha spedito un pacco bomba a Chiara Appendino?», si chiede Airola. La partenza sembra sul piede giusto, ma poi arriva un disastroso post scriptum: «Sbaglia/te sempre obiettivo. Non capite proprio nulla di istituzioni. Siete troppo ignoranti per fare i bombaroli». Un crescendo di parole preoccupante e allarmante, ma ancora niente rispetto alla frase successiva: «Quelli bravi di una volta sapevano chi colpire e pagavano di persona, evidentemente di gente cosi non ce n'è più. È rimasta - è la conclusione scomposta - la feccia peggiore».
Quel riferimento nemmeno tanto criptico all'album glorioso dell'anarchia, ai Bresci e a tutti gli altri che spararono alle teste coronate e ai potenti di mezza Europa, è raggelante. E sembra sdoganare una sorta di violenza buona, comprensibile, anzi giustificabile in base all'obiettivo. Poi Airola si accorge del guaio e prova a rimediare; ripubblica il post eliminando la chiusa e sostituendola con le sue scuse: «Ho cancellato la frase finale perché è stata fraintesa e poteva offendere qualcuno». Il Pd è un coro d'indignazione e la capogruppo pentastellata Valentina Sganga cerca di metterci una pezza: «Le parole gridate o sopra le righe vanno stigmatizzate». Una bacchettata indirizzata al compagno di partito che intanto si è cosparso il capo di cenere: «La notizia del pacco bomba ad Appendino mi ha riempito di rabbia. Ho scritto d'impeto parole di accusa agli aggressori comunque inopportune».
In questura si preparano all'arrivo di altri «regali» esplosivi.
Ma anche Max Bugani, leader storico del Movimento, sembra sposare una lettura complottista: «Se non ti fai comprare, se non scendi a compromessi col malaffare imprenditoriale, se non sei ricattabile, allora arrivano anche i pacchi bomba». E i poteri forti prendono il posto degli anarchici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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