Il suo nome corrispondeva al primo caso in Italia in cui veniva contestata la tortura nell'ambito dei maltrattamenti in famiglia.
Ma quel reato è caduto per Aliza Hrustic, 26enne, che era stato condannato all'ergastolo in primo grado per aver seviziato e ucciso nel maggio 2019 il figlio di due anni e per aver maltrattato la moglie e altre due figlie minorenni. L'uomo non sconterà più il carcere a vita, perché la corte d'assise di appello di Milano in secondo grado gli ha inflitto solo 28 anni di reclusione. I giudici, presieduti da Ivana Caputo, hanno riqualificato l'omicidio volontario in maltrattamenti pluriaggravati, che hanno riassorbito anche il reato di tortura. Inesistenti, per la corte, anche i maltrattamenti del ventiseienne nei confronti della moglie. Ma il caso è di quelli che fanno discutere e la storia fa accapponare la pelle.
«Lungi da me l'idea di dire vittoria o sconfitta ma in appello è stato disarticolato l'impianto accusatorio - ha spiegato il su, Giuseppe De Lalla -. Credo che la ricostruzione di questi giudici offra una verità processuale più aderente alla verità fattuale. È stata riconosciuta in Hrustic l'assenza di una volontà omicida in favore di una sciagurata volontà maltrattante sfociata nella tragica morte del minore».
Il piccolo Mehmed era stato colpito con 51 pugni e calci dal papà nella notte tra il 21 e 22 maggio 2019, mentre si trovavano dentro la loro casa in via Ricciarelli, zona San Siro. Alle sei quel corpicino annientato si era arreso, mentre l'uomo dopo aver chiamato i soccorsi, si era dato alla fuga. Il medico legale in sede di autopsia aveva riscontrato tagli sul labbro superiore del bambino, morsi sulle braccia e sulla schiena e tre distinte ustioni fatte con il fuoco sotto le piante dei piedi della. Il pm in primo grado aveva contestato a Hrustic l'aggravante di avere agito «con crudeltà verso il bambino, per motivi futili consistiti nel fatto che il piccolo, lasciato senza pannolino, si fosse sporcato». Anche nei due giorni precedenti Mehmed aveva subito aggressioni da parte del padre, che su Facebook appariva spavaldo, con camicie sgargianti e pistola in mano, davanti a bustine di droghe varie. «Quando fumavo hascisc me la prendevo con lui, perché mi ero convinto - aveva messo a verbale - che mio figlio, il più piccolo, avesse il malocchio. Così, non so perché, ma mi facevo un casino di paranoie su di lui, mi svegliavo la notte fumato, lo svegliavo e lo massacravo di calci e pugni». Lo aveva picchiato anche un mese prima che morisse, con una cintura sulla schiena.
Spesso accadeva davanti agli altri due fratellini e alla moglie incinta. Pestaggi, sevizie che Mehmed, a soli due anni, conosceva bene. Ma per la giustizia suo padre non voleva ucciderlo. Ventotto anni, sicuramente molti meno, e Hrustic sarà libero.
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