Meloni aggredita a Livorno, 21 indagati

Accusati di minacce. E Salvini è costretto a cambiare programma a Milano

Meloni aggredita a Livorno, 21 indagati

Pier Francesco Borgia

Roma Il clima «politico» di questi giorni si è pericolosamente surriscaldato. Sembra di essere tornati negli anni Settanta. E a farne le spese sono quei leader di partito che spingono con più decisione il pedale del populismo. Salvini, per esempio, ieri ha dovuto cambiare la sua agenda elettorale, a Milano. Niente visita del mercato di viale Osoppo, come programmato da tempo. Il rischio di contestazioni per via di un animato presidio dei centri sociali nella vicina piazza Velasquez, e il conseguente intervento massiccio di forze dell'ordine, ha fatto cambiare i programmi. Alla fine Salvini ha scelto piazzale Lagosta. Dall'altro lato della città si sente più tranquillo. Il clima è più sereno. E confessa ai cronisti, che seguono il suo tour: «Almeno qui possiamo incontrare più serenamente i cittadini e stringere qualche mano».

L'accoglienza di piazza Velasquez non è stata infatti delle più calorose. I rappresentanti dei centri sociali, di Rifondazione comunista e di Potere al popolo, avevano preparato per Salvini una lunga teoria di striscioni: dal più innocuo «No alla guerra tra poveri», al più battagliero «Lega razzista e ladrona, San Siro non ti vuole».

Insomma il clima è teso. Giovedì Bologna, per esempio, era stata teatro di una forte contestazione per l'annunciata manifestazione di Forza Nuova. Le piazze stanno tornando protagoniste ma non in positivo di questa accesa campagna elettorale. Ne sa qualcosa anche Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d'Italia martedì scorso è stata vittima di una contestazione violenta durante un suo impegno elettorale a Livorno. Nella città che quasi cent'anni fa ha visto nascere il partito di Antonio Gramsci attivisti dei centri sociali hanno accolto con insulti, sputi, spintoni e lancio di bottiglie l'arrivo in città della Meloni. Ieri la Digos ha annunciato che sono stati identificate e denunciate 21 persone, nei confronti delle quali vengono ipotizzati i reati di resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata, minacce e lesioni. Oltre ovviamente all'aver impedito una «riunione di propaganda elettorale». Subito dopo l'aggressione molti mezzi di informazione parlarono di «contestazione». «Altro che contestazione!» sbottò la leader di Fratelli d'Italia, che ieri ha pubblicamente ringraziato la Digos per i risultati delle indagini. «Le contestazioni - commentò la Meloni - sono un'altra cosa. Quella è stata una vera aggressione. Se al posto mio ci fosse stato qualcuno di sinistra ora Livorno sarebbe presidiata dai Caschi Blu».

Salvini, che sarà proprio a Livorno il prossimo 23 febbraio, li aveva chiamati «gli ultimi reduci del comunismo italiano». «Non rappresentano né Livorno né l'Italia - aveva commentato il leader della Lega - sono soltanto nullafacenti di un inutile centro sociale».

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