Meloni, l'ora della rottura: "Pronta a correre a Roma"

Lo strappo della leader Fdi che non accetta la designazione di Bertolaso: "Le gazebarie sono il funerale della coalizione, ora un summit risolutivo"

Meloni, l'ora della rottura: "Pronta a correre a Roma"

Non ci sono più margherite da sfogliare, per ora. È una domenica lunga e faticosa per Giorgia Meloni. Tanti dubbi, molta amarezza. Poi la decisione: sono pronta a giocarmi la partita di Roma. Salvini a ruota: sto con lei. E Bertolaso? Bertolaso resta il candidato di Berlusconi. Il centrodestra ha troppi sindaci. È incavolata e si sente tradita. La sua Roma, quella dove il partito si gioca tutto e ha tutto da perdere, è diventata il campo di battaglia dei dissidi tra Berlusconi e Salvini. Qui il centrodestra si è spaccato, frantumato, in troppi pezzi. La sintesi è che Salvini e Meloni vanno da una parte e Berlusconi con Bertolaso dall'altra. Le «gazebarie»? «Poteva essere una festa per il centrodestra ed è servito come palchetto per decretare il funerale della coalizione». Le parole sono di Giorgia Meloni e fanno capire il clima che si respira. Alle otto meno un quarto della sera arriva così un comunicato di Fratelli d'Italia che chiude la porta ma lascia aperte un paio di finestre. Giorgia Meloni mette a disposizione la sua candidatura a sindaco di Roma. Come «gesto di amore e responsabilità». Ma c'è ancora lo spazio per non far naufragare l'alleanza. Tutto in 24 ore. Chiede un incontro, magari a Roma, per questa mattina a Berlusconi e Salvini. Serve una soluzione definitiva. Non facile. Salvini fa sapere che è pronto a partecipare al vertice, ma solo se Berlusconi è disponibile a rivalutare la candidatura di Bertolaso. Berlusconi non ci pensa neppure per sbaglio. La Meloni dice che Bertolaso è un buon candidato, ma solo se unisce invece di dividere. È chiaro che messa così l'equazione del centrodestra non ha soluzioni. Non si esce.Come si è arrivati a tutto questo? Quando parli con qualcuno di Fratelli d'Italia ti spiega che non possono permettersi un candidato dimezzato. Bertolaso senza l'appoggio di tutto il centrodestra è troppo debole. È perdente. Il rischio è che il partito della Meloni venga sottostimato. Meglio allora giocare da soli.Qui ci sono in ballo gli strani equilibri di Roma. C'è la concorrenza con Storace, c'è lo spazio politico incerto e invadente di Marchini, c'è la paura di scegliere una strada senza futuro. La Meloni alleata di Bertolaso ma senza Salvini apparirebbe come una leader «vecchia» e «democristiana». Non può permetterselo.La speranza, fino a poco tempo fa, era un passo laterale di Bertolaso. Non primo cittadino, ma partner, magari come vice sindaco con poteri organizzativi, una sorta di city manager. È l'idea del ticket. Si corre in due. La risposta di Bertolaso però è scontata: «È improponibile». Niente ticket, niente unità, niente centrodestra. Bertolaso e Meloni in campo, e pure Storace che dice: «A me nessuno ha chiesto nulla. Se vogliono che mi ritiri devono perlomeno parlarmi».A un certo punto c'è stata anche la voglia di sparigliare le carte. Si è parlato di un'offerta della Meloni a Salvini. Non vuoi Bertolaso? Ok, io mi candido a Roma, mi sacrifico, metto in conto una campagna elettorale con un figlio nella pancia, ma tu Salvini fai lo stesso a Milano, ci scommetti la faccia e riporti Parisi in panchina. È chiaramente un'alleanza senza Berlusconi, uno strappo che ridisegna i confini della politica italiana, un bazooka generazionale. Ci vuole coraggio e la consapevolezza che da lì non si torna indietro. Come è andata a finire? Salvini ha risposto a fatica. L'unica certezza del segretario della Lega è che Milano non si tocca.

Si può mettere in discussione tutto ma la candidatura di Parisi è il cuore degli interessi salviniani. Milano è Milano. A Roma si può anche far saltare il banco, a Milano no.La domenica finisce qui. Roma è una scommessa, che tutti rischiano di perdere.

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