Meloni: "No a truppe sì sostegno logistico". Roma sulla linea di Berlino e Varsavia

La premier: "Mosca non può essere sede negoziale". L'addestramento sui Samp-T

Meloni: "No a truppe sì sostegno logistico". Roma sulla linea di Berlino e Varsavia
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Ventisei Paesi si impegnano a sostenere militarmente l'Ucraina. "Via terra, mare o aria", ovviamente dopo un eventuale cessate il fuoco con la Russia. È questa la sintesi del vertice dei cosiddetti Volenterosi che si è tenuto ieri a Parigi, copresieduto dal francese Emmanuel Macron e dal britannico Keir Starmer. E con alcuni leader che sono intervenuti in presenza e altri da remoto. Tra questi ultimi, anche Giorgia Meloni, oltre allo stesso Starmer, al tedesco Friedrich Merz, allo spagnolo Pedro Sanchez e al segretario generale della Nato Mark Rutte. E a seguire la premier ha partecipato al video-collegamento con Donald Trump nel quale - fa sapere una nota di Palazzo Chigi - sono stati condivisi "gli esiti della riunione della mattina ed è stato ribadito l'obiettivo di una pace giusta per l'Ucraina".

Una riunione, quella dei Volenterosi, dove tutti si fanno carico di sostenere Kiev, seppure ognuno con modalità proprie. "Il loro contributo andrà dalla rigenerazione dell'esercito ucraino al dispiegamento di truppe, fino alla messa a disposizione di basi", fa sapere Macron precisando che Italia, Polonia e Germania sono tra i Ventisei. Insomma, anche i big europei più scettici sull'intervento boots on the ground sono pronti a dare un sostegno militare o logistico-militare.

Per quanto riguarda l'Italia, nel corso della riunione Meloni ribadisce l'indisponibilità a inviare soldati in territorio ucraino, il che esclude anche l'ipotesi di mandare personale militare che possa occuparsi dello sminamento su terra o in mare (resta sullo sfondo l'eventualità di un coinvolgimento di aziende private). La premier conferma invece l'intenzione di supportare un futuro cessate il fuoco con quelle che Palazzo Chigi definisce "iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini". Insomma, via libera a utilizzare basi militari italiane e dare supporto con aerei radar e satelliti per controllare cielo e terra. E una disponibilità alla formazione delle truppe ucraine, che essendo in guerra sul campo da oltre tre anni e mezzo - l'invasione russa è del 24 febbraio 2022 - sono già comunque alquanto pratiche (al netto dell'addestramento sul sistema di difesa missilistico Samp-T). Meloni torna poi a illustrare ai Volenterosi la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all'articolo 5 del Trattato di Washington, su cui la prossima settimana si terrà una riunione a livello di consiglieri diplomatici. Infine, la premier ribadisce che - a differenza di quanto ipotizzato da Vladimir Putin - eventuali negoziati di pace non possono evidentemente tenersi a Mosca.

Come l'Italia, anche Germania e Polonia sono contrarie all'invio di truppe. Nei giorni scorsi, Merz ha faticato a nascondere l'irritazione verso la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (sua connazionale e come lui esponente del Ppe) che è invece favore a un intervento sul campo. Mentre ieri Donald Tusk ha ribadito che Varsavia "non prevede di inviare truppe in Ucraina nemmeno dopo la fine della guerra". "Siamo responsabili della logistica", ha aggiunto il premier della Polonia, Paese che confina sia con Ucraina che con Bielorussa e che con 200mila militari vanta ormai uno dei principali eserciti europei. E proprio ieri Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il presidente della Repubblica polacca Karol Nawrocki con cui ha ribadito il "comune sostegno" per "una pace giusta e duratura in Ucraina".

Questione su cui il governo dovrebbe riferire in

Senato tra il 16 e il 18 settembre. Le opposizioni chiedono che intervenga Meloni, più probabilmente toccherà al ministro degli Esteri Antonio Tajani. In alternativa toccherà al ministro per gli Affari europei Tommaso Foti.

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