La Meloni: noi restiamo fuori

Fratelli d'Italia: un «tecnico» premier non fa per noi

Pier Francesco Borgia

Roma Il diario della giornata si esaurisce tra due sorrisi: quello mostrato da Giorgia Meloni, una volta fuori da Montecitorio dopo un colloquio con Matteo Salvini, e quello di Luigi Di Maio, quando, uscito dal colloquio con Mattarella, ha mostrato una maschera di soddisfazione cui le parole hanno fatto da inutile didascalia. E forse nel sorriso del secondo c'è anche la frustrazione provata in privato dalla prima. Perché anche l'ultimo faccia a faccia con il leader della Lega non ha portato i frutti sperati da quest'ultimo.

Ed è nel commento del capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Fabio Rampelli, che si capisce il perché dell'ennesimo «no» espresso (con garbo e simpatia) dalla Meloni. «Non siamo disponibili a fare da stampella a chicchessia - dice -. Abbiamo la nostra identità, la nostra storia e i nostri punti programmatici». A Fratelli d'Italia spaventa poi l'idea che possa essere un «tecnico» il prossimo premier. Inoltre temono una coalizione troppo schiacciata sui valori dei Cinque Stelle. Quel voler sostenere in maniera proditoria, da parte di alcuni esponenti del Movimento Cinque Stelle, l'inutilità di una grande opera come la Tav ha messo poi in forte imbarazzo proprio i parlamentari di Fratelli d'Italia che hanno messo le grandi opere tra i punti essenziali del programma di governo. Insomma i cinquanta parlamentari FdI giudicheranno le proposte del governo prossimo venturo dai banchi dell'opposizione.

«D'altronde è stato lo stesso Di Maio - ricordava domenica sera la Meloni a Che tempo che fa - a sostenere che siamo troppo a destra per entrare nella coalizione col suo partito».

«Deduco - gli fa eco Crosetto - che all'interno del Movimento abbia prevalso l'ala di Fico. Noi invece ci troviamo di nuovo nel ruolo di chi cerca di tenere unito il centro-destra, al di là del tornaconto di un solo partito».

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