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La Meloni punzecchia Salvini: noi mai al potere a tutti i costi

La leader di Fdi rimarca le differenze con l'alleato: ho le idee molto chiare. Il leghista: siamo il primo partito

La Meloni punzecchia Salvini: noi mai al potere a tutti i costi

Il giorno dopo lo spoglio delle Regionali nel fronte sovranista i riflettori sono puntati sulla leadership del centrodestra. In termini borsistici Fratelli d'Italia è in fase Toro, incarnando una tendenza rialzista. La Lega, invece, è descritta come l'Orso attraversando un momento di ribasso del consenso. Matteo Salvini, però, in questa sorta di derby tra affini ribatte mettendo sul tavolo il fattore numerico.

«Se i voti contano gli elettori stanno dicendo chiaramente che la Lega è il primo partito e il Pd segue da parecchio lontano. Poi se i giornali hanno un'idea diversa dalla matematica, io rispetto le opinioni di tutti», dice il numero uno della Lega rispondendo, alla Fiera di Milano, a una domanda proprio sul confronto con Fdi. Giorgia Meloni tiene bassi i toni gettando acqua sul fuoco della competizione interna al centrodestra. «Chiaramente i partiti competono e competono sempre e ciascun leader di partito fa del suo meglio per far crescere la sua compagine, ma io ho spiegato cento volte che non mi interessa in alcun modo crescere a scapito dei miei alleati. Fdi ha dimostrato di non voler andare al governo a tutti i costi. Ho le idee molto chiare su quello che voglio fare» dice intervenendo a Porta a porta. Come illustra il capogruppo a Strasburgo Carlo Fidanza i numeri, per Fdi sono decisamente confortanti. «Rispetto alle Regionali del 2015 Fdi in Veneto è passata dal 2,6 al 9,6%. In Liguria dal 3,07 al 10,9; in Toscana dal 3,82 al 13,5%; nelle Marche dal 6,51 al 18,7; in Campania dal 5,47 al 6%; in Puglia dal 2,45 al 12,6». La vittoria di Fdi viene «celebrata» anche dal Guardian. Il giornale progressista britannico sottolinea come Fdi abbia conquistato la seconda presidenza regionale ed espugnato «dopo 25 anni» una roccaforte del centrosinistra. La Meloni viene descritta come una leader sempre più popolare sulla scena italiana, una figura emergente della coalizione «guidata da Matteo Salvini». Una coalizione di cui la capofila di Fdi, «erede di un partito post-fascista», può ora sperare di diventare il punto di riferimento, prosegue il Guardian citando l'opinione di Mattia Diletti della Sapienza di Roma. «La vittoria nelle Marche - dice Diletti - è importante. Il suo obiettivo è guidare la coalizione e ha capito che si tratta più di una maratona che di uno sprint».

Naturalmente la lettura dei numeri lascia sempre spazio alle interpretazioni perché se è vero che la Lega è arretrata un po' dappertutto rispetto alle Europee, è altrettanto vero che come fa notare il deputato leghista Claudio Borghi «i consiglieri della Lega sono passati nelle Marche da 3 a 8; in Toscana: da 6 a 9; in Liguria da 5 a 6; in Puglia da 0 a 3; in Campania da 0 a 2; in Veneto (con la lista Zaia): da 23 a 33. Però dicono di aver vinto gli altri». Un più 24 in termini di eletti, secondo i conteggi di Borghi, a fronte di un meno 13 per il Pd e un meno 16 per il M5s.

Più complesso pesare la somma dei voti nelle sei Regioni perché se il Pd appare come il primo partito con il 19,8 davanti alla Lega con il 13,9, è difficile staccare i voti della Lista Zaia (10,3%) da quelli del Carroccio. Senza considerare il boom della Lega vicina al 24% in Valle D'Aosta. Fdi, invece, sommando i voti di lista delle sei Regioni arriva al 10,6%.

È chiaro, però, che adesso Salvini dovrà avviare una riflessione per recuperare quel rapporto diretto con l'elettorato che il lockdown ha incrinato.

Giorgia Meloni, invece, dovrà decidere come consolidare il suo cammino di crescita e allargare il proprio bacino di consensi per puntare al traguardo più importante: la conquista di Palazzo Chigi.

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