 
Prima una riunione tecnica al ministero delle Infrastrutture per fare il punto sullo stop della Corte dei Conti al ponte sullo Stretto. E subito a seguire un vertice di maggioranza con Giorgia Meloni e Antonio Tajani (in video-collegamento dal Niger) per ragionare sulle prossime mosse in attesa delle motivazioni dei giudici contabili. Una lunga mattinata durante la quale il governo sembra tirare improvvisamente il freno a mano, tanto che se Matteo Salvini entra al Mit di pessimo umore e scuro in volto, quando prima di pranzo esce da Palazzo Chigi per parlare a favore di telecamere i toni sono più concilianti.
L'esecutivo, ovviamente, resta deciso ad andare avanti, ma l'impressione è che nell'incontro tra i tre leader della maggioranza - a cui hanno partecipato anche i sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, oltre al segretario generale di Palazzo Chigi Carlo Deodato e all'ad della società Stretto di Messina Pietro Ciucci - si sia convenuto di non alzare ulteriormente i toni dopo il muro contro muro di mercoledì sera. Nessuna accelerazione, dunque, rispetto all'ipotesi ventilata da diverse fonti di maggioranza di procedere in un prossimo Consiglio dei ministri riconfermando la necessità dell'atto perché risponde a "interessi pubblici superiori" (cosa che costringerebbe la Corte dei Conti a un via libera con riserva). Ma toni più dialoganti. "All'esito della riunione - si legge in una nota di Palazzo Chigi - si è deciso di attendere la pubblicazione delle motivazioni della delibera adottata dalla Corte dei Conti". E "solo dopo averne esaminato nel dettaglio i contenuti" il governo "provvederà a replicare puntualmente a ciascun rilievo, utilizzando tutti gli strumenti previsti dall'ordinamento". Il che, ovviamente, non significa che l'esecutivo non sia deciso ad andare avanti. "Sono rimasta francamente un po' incuriosita di fronte ad alcuni rilievi, dopodiché - dice Meloni ai microfoni del Tg1 - il governo aspetta di vederli e risponderà. Ma sia chiaro che l'obiettivo è fare il ponte sullo Stretto, che è un'opera strategica e ingegneristica unica al mondo". Insomma, "noi siamo eredi di una civiltà che con i suoi ponti ha meravigliato il mondo per millenni" e "io non mi rassegno all'idea che non si possa più fare oggi perché siamo soffocati dalla burocrazia e dai cavilli". Una presa di posizione netta, ma con la cautela di non riaccendere il muro contro muro con la magistratura contabile. Per usare le parole di Salvini, "senza nessuno scontro fra poteri dello Stato daremo tutte le informazioni che ci vengono richieste". Insomma, aggiunge il vicepremier lasciando il vertice di maggioranza, "contiamo di non dover fare nessuna forzatura e di approvare quello che la norma ci permette di approvare".
Un cambio di passo frutto probabilmente di una serie di circostanze. Dal Quirinale, per esempio, hanno seguito con grande disagio la polemica sul ponte ed è inutile ricordare quanto Sergio Mattarella non ami gli scontri tra poteri dello Stato. Tanto che, stando ad alcune fonti di maggioranza, nelle ultime ore ci sarebbero state anche delle interlocuzioni tra il Colle e Palazzo Chigi. Sullo sfondo, peraltro, resta il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati approvata ieri in via definitiva al Senato. La consultazione potrebbe tenersi tra marzo e aprile e seppure Meloni continua a ripetere che il risultato non avrà conseguenze sul governo è chiaro che si tratta di una partita decisiva. Alla quale la maggioranza non vuole presentarsi in un clima di scontro permanente con la magistratura che rischierebbe di essere controproducente.
Anche perché la questione ponte sullo Stretto non si risolverà a breve, visto che per le motivazioni la Corte dei Conti ha un mese di tempo. Anche se, è l'auspicio dell'ad Ciucci al termine della riunione a Palazzo Chigi, "noi speriamo ci mettano meno".