La memoria difensiva del governo

Ecco il documento inviato al Tribunale dei ministri: "L'esecutivo ha rispettato rigorosamente le leggi nazionali e internazionali". Le incongruenze della Cpi

La memoria difensiva del governo
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"Quanto fin qui esposto documenta che il governo ha rigorosamente rispettato la normativa internazionale e nazionale. La scarcerazione di Njeem (ovvero Almasri, ndr) è da ascriversi agli errori procedurali ravvisati dalla Corte di Appello di Roma nelle modalità dell'arresto avvenuto su iniziativa della Polizia Giudiziaria cui non è stato possibile porre immediato rimedio a causa delle criticità emerse in merito alla formulazione del mandato di arresto della Corte Penale Internazionale e all'esistenza dì concomitante richiesta di estradizione avanzata dalle Autorità libiche. Disposta la scarcerazione di Njeem la misura più celere da adottare ai fini della sicurezza nazionale era il decreto di espulsione". È questo il passaggio conclusivo della memoria con cui il 25 febbraio la premier Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano hanno comunicato al Tribunale dei ministri la loro versione dei momenti in cui, a partire dal 19 gennaio, si è sviluppato il caso Almasri. La ricostruzione, secondo i quattro firmatari, imponeva l'archiviazione delle accuse. È una ricostruzione meticolosa, che parte dalle prime ore. "Il primo dato oggettivo che emerge è che il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ricevuto notizia della richiesta di cooperazione soltanto dopo l'esecuzione dell'arresto". L'arresto fu illecito "perché l'arresto d'iniziativa della polizia giudiziaria nella procedura di consegna su mandato della Cpi deve ritenersi escluso in quanto non espressamente previsto dalla normativa". Negli stessi momenti dai servizi segreti viene trasmessa al governo la richiesta di estradizione presentata dalla Libia contro lo stesso Almasri per gli stessi fatti, ed è a questa che il governo sceglie di dare la precedenza. Nella richiesta di estradizione si sottolineava che "la Cpi non ha verificato il desiderio della Procura generale libica a investigare il caso". Nordio, si legge, "aveva il potere e il dovere di valutare gli atti", "deve escludersi in modo categorico che incombesse sul ministro della Giustizia un dovere di trasmissione automatica degli atti al Procuratore generale nell'ambito del procedimento di convalida dell'arresto". Ed è dall'esame degli atti della Cpi che iniziano i dubbi di Nordio, "dalla lettura del mandato risulta altresì evidente la contraddittorietà del perimetro temporale" delle accuse a Almasri: in questo contesto, "il ministro della Giustizia non era in condizione di fornire alcuna risposta immediata al Procuratore generale: ogni considerazione sarebbe risultata errata, proprio perché fondata su una richiesta di arresto che appariva ictu oculi contraddittoria". "L'esistenza di richieste concorrenti e fa complessità delle valutazioni del ministro della Giustizia erano incompatibili con l'ipotesi di un obbligo immediato, peraltro insussistente, di trasmissione dei documenti alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma. Va aggiunto che il ministro della Giustizia ha avuto a disposizione pochissimo tempo per valutare un caso che, come evidenziato, richiedeva un'attenta e scrupolosa valutazione. Ed inoltre per l'Italia era il primo caso di richiesta di cooperazione avanzata dalla Corte Penale internazionale per eseguire l'arresto di un soggetto rintracciato sul territorio nazionale". Dopo la scarcerazione di Almasri da parte della Corte d'appello di Roma, l'espulsione del libico fu un "provvedimento necessario e urgente sulla base di una nutrita serie di elementi", tra cui le notizie fornite dall'Aise sui rapporti tra i nostri servizi e la Rada Force, la struttura di cui Almasri faceva parte, "una collaborazione molto proficua con la Rada in materia di contrasto ad attività criminose dì vario genere, con particolare riferimento a quelle legate ai traffici dì esseri umani, oli combustibili e stupefacenti, o attività terroristiche".

A quel punto, l'utilizzo per l'espulsione di un aereo dei "servizi" era inevitabile, come in altri casi analoghi: "I profili di pericolosità di Njeem e la necessità di procedere con urgenza hanno suggerito di prevedere ogni possibile scenario, anche quello della sua conduzione in altro luogo dì detenzione: da qui la decisione di organizzare un volo per eventuali trasferimenti di Njeerm nella mattina del 21 gennaio 2025. In tale quadro risultava indispensabile l'utilizzo di un aereo dedicato".

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