Elezioni politiche 2022

Mentana: "Vi dico come sarà il prossimo governo"

Nel corso di un dibattito il noto giornalista ha parlato della situazione politica attuale, non risparmiando critiche al Pd e al Terzo Polo e ipotizzando la composizione di un futuro governo di centrodestra

Mentana: "Vi dico come sarà il prossimo governo"

Da grande professionista quale è Enrico Mentana non prende posizioni sulle elezioni del 25 settembre. Il giornalista si limita a osservare da super partes i movimenti sullo scacchiere politico. Eppure, nel corso di un incontro per parlare di politica tenutosi a Cortina, il direttore del Tg di La7 ha reso pubbliche alcune sue opinioni personali, non risparmiando elogi e critiche ai protagonisti della vita politica.

Innanzitutto, come riporta Italia Oggi, per il giornalista una eventuale, per quanto difficile, vittoria del centrosinistra per certi versi aprirebbe scenari incerti perché "sarebbe arduo perfino indicare il premier poiché si candiderebbero Letta, Calenda, Renzi e Conte. Sarebbe un bel casino". Una situazione ben diversa la si vivrebbe con un successo del centrodestra perché alcune caselle potrebbero essere certe. Per il momento il direttore si lascia andare a una specie di gioco: "Il futuro governo? Proviamo a ipotizzarlo. Nordio alla giustizia, Tajani agli esteri, Giorgetti allo sviluppo economico, Cingolani confermato alla transizione ecologica, un tecnico all'economia, con buona pace di Tremonti".

Ipotesi. Quel che per Mentana è certo sono i motivi per i quali Giorgia Meloni è in testa nei sondaggi. la leader di FdI è vista come persona coerente in quanto si è posta come alternativa alle forze che hanno sostenuto i governi Conte I, Conte II e Draghi grazie alla decisione stare all'opposizione per tutta la legislatura. "È lo stesso fenomeno che portò nel 2018 al 32% il M5s. Lei è riuscita a cancellare l'immagine negativa che aveva FdI". Non a caso, ha spiegato il giornalista, ha dato spazio nelle liste del partito ai moderati del centrodestra come Tremonti, Pera, Nordio. "Dall'opposizione- ha proseguito- ha tenuto una linea più atlantista e antirussa di Fi e Lega. Non la si può accusare di essere amica di Putin, la stessa cosa non si può dire di Salvini, Berlusconi, Conte".

Inoltre il giornalista ha evidenziato che la Meloni è diventata leader dei conservatori europei, dentro cui però non c'è il tanto discusso premier ungherese Orbàn. "Quindi anche in sede Ue è stata accorta nelle scelte. Insomma, con lei la destra è percepita meno pericolosa rispetto al Papeete di Salvini", ha evidenziato il direttore del Tg di La7.

La Meloni ha dimostrato in questi anni qualità e una certa lungimiranza. Ma per Mentana non avrà un compito facile se dovesse prendere delle responsabilità di governo. "Possiamo immaginare che sarà una bella prova del fuoco capeggiare un governo, a 45 anni, nel duro autunno che ci aspetta, anche perché potrebbe ritrovarsi con problemi con gli alleati, a cui sottrarrà voti, e con un Senato dove la maggioranza potrebbe essere risicata. Ma chi guida un Paese in un momento difficile e sa tenere il rapporto con la gente può governare bene e trovare adesione emotiva", ha affermato sicuro il giornalista che, però, ha anche spiegato che di scontato non c'è nulla in politica, soprattutto in questa fase segnata da crisi internazionali, emergenza energetica, guerra e inflazione.

L'irrilevanza del Terzo Polo e la 'speranza' dei 5 Stelle

Vi è, però, un punto su cui difficilmente si può discutere. Mentana, infatti, ricorda il centrodestra si presenta compatto all’appuntamento elettorale mentre il centrosinistra no, tanto che "non si capisce neppure chi è il leader". "Va aggiunto che la Meloni, piaccia o meno, è l'unica novità che offre la politica. Quattro delle principali sei forze politiche - ha continuato - sono guidate da ex presidenti del Consiglio: Berlusconi, Letta, Conte, Renzi. Quindi abbiamo da tutte le parti dell'usato sicuro ma l'elettore forse cerca altro, anche se non bisogna nascondere qualche preoccupazione".

Tra queste, secondo Mentana, vi è una sorta di incoerenza di chi ricopre ruoli politici importanti che spiazza i cittadini. Per il giornalista, infatti, c’è chi, ricoprendo tali ruoli, ha mostrato "scarsa coscienza su cosa vuol dire battersi e prendere posizione mentre un Paese europeo viene invaso". Mentana non si nasconde dietro a giri di parole per rafforzare questo sua tesi. Il giornalista si riferisce "a quelli che dicono non mandiamo armi e poi magari chiedono di armare la gente contro i ladri".

Allo stesso modo "c'è pure una certa continuità tra le neutralità e il No Vax, la volontà di creare una corrente alternativa distruttiva che mi preoccupa perché vedo il centrodestra poco attento, anzi vedo questa corrente all'interno della coalizione che forse vincerà. Così come sui diritti civili". Il direttore del tg di La7 non risparmia una bordata al centrodestra a cui oggi manca, rispetto al ’94, una sorta di "laicità". E questo vale su temi delicati come i diritti civili e l’immigrazione perché è necessario tener conto delle situazioni e del vissuto delle persone. Allo stesso modo il giornalista considera sbagliato sul questione migranti "continuare con gli slogan e l'uso dei casi di cronaca sui social".

La novità, e così si può chiamare, di queste elezioni è la creazione di un Terzo Polo. Mentana, però, guarda con diffidenza a nuovo soggetto. "Non credo che Calenda e Renzi continueranno a stare insieme dopo le elezioni. Hanno fatto questo accordo che definirei di sopravvivenza, soprattutto per Renzi. Calenda è come Braccio di ferro, irascibile, ha una forte soggettività, non è disposto a dividere la scena e infatti Renzi ha dovuto defilarsi", ha dichiarato il giornalista evidenziando che i due leader possono attrarre "il voto utile" per chi esce dal centrosinistra ma non vuole votare a destra, "un elettorato accorto, riformista, riflessivo" ma se non riescono a intercettare anche i moderati del centrodestra "faranno poca strada, non credo arriveranno al 10% mentre la radicalizzazione spingerà il Pd oltre il 20%".

Sui numeri inciderà anche il tasso di astensionismo, che Mentana prevede alto. In questo momento la forza anti-Fdi è rappresentata dal Pd, anche se ha avuto una sorta di mutazione che il direttore del TgLa7 ha spiegato così: "È diventato il partito dell'establishment accorto, intelligente, molto legato alle istituzioni. Governa in pratica da 8 anni e guida la maggior parte delle grandi città, ma è debole nell'Italia profonda". Secondo Mentana non è un caso che le Regioni sono governate dal centrodestra e le grandi città dai dem. Per il giornalista il Pd è un partito che "non trova più la socialità, tanto che al suo interno è di moda dire che bisogna tornare nelle periferie. In realtà non è il Pd che se n'è andato è che la parte del Paese che subisce il mutamento sociale ha visto il Pd trasformarsi in una forza dell'esistente, del miglioramento dell'esistente, di un riformismo che guarda soprattutto ai ceti arrivati, dimenticando totalmente l'Italia diffusa".

Un dato che conferma questa analisi lo si evince dalla composizione delle liste elettorali. Per Mentana "non è un caso che un candidato Pd punti al collegio Milano1 per essere eletto e rifiuti quelli periferici". Se a questo si aggiungono le rilevazioni che registrano che il Pd è il quarto partito tra gli operai, al primo posto vi è la Lega, al secondo FdI, al terzo i 5stelle allora il quadro è completo. "Forse in casa Pd una riflessione vera andrebbe fatta. È stata presa come una battuta ma non lo è: il Pd è spesso più impegnato nelle Ztl dei centri storici che in quello che succede al di fuori", ha ammesso il giornalista.

C'è, poi l'incognita del M5s che alle elezioni del 2018 ha fatto il colpaccio ma ora è in crisi perché da forza di opposizione nell’ultima legislatura ha governato prima con la Lega poi con il Pd e infine con quasi tutti i partiti presenti in Parlamento. I numeri di quasi 5 anni fa i pentastellati difficilmente riusciranno a ottenerli. Secondo Mentana l'obiettivo di Conte è chiaro.

L'ex premier cercherà di recuperare un'immagine di "movimento alternativo e riuscirà a superare il 10%, pescando in parte nello stesso elettorato di Calenda e Renzi, che quella percentuale se la sognano".

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