Uno spettro si aggira tra le severe mura cistercensi dell'Abbazia di Contignano e aleggia sui dem, raccolti in conclave da Zingaretti. È l'inquietante spettro del «governo incubatore», evocato ieri in un'intervista-manifesto da Goffredo Bettini, maître à penser post-ingraiano del Pd.
La formula si presta ad assonanze poco rispettose, ma nel pensiero dominante in quel di Contignano (lo teorizza Bettini, lo illustra Dario Franceschini nella sua prolusione ai lavori, lo ribadisce Andrea Orlando) il «governo incubatore» è quello guidato dall'ineffabile avvocato con pochette Conte, e deve incubare l'abbraccio tra Pd e Cinque Stelle, e la loro fusione in un blocco politico-ideologico permanente, una sorta di nuovo Fronte Popolare in salsa grillina che si contrapponga al centrodestra.
In sottofondo si avverte una certa ansiosa urgenza: la paura non confessata che l'eroica resistenza di Stefano Bonaccini, e il suo indiscusso bilancio di buon governo, non bastino a fermare l'ondata protestataria e antigovernativa cavalcata da Salvini. Se la linea Maginot dell'Emilia Romagna cedesse, nelle parole di un dirigente dem, «sarebbe un evento talmente enorme che salvare il governo diventerebbe difficile». Il Pd piomberebbe nel caos, il grillismo imploderebbe, e l'azzimato Conte finirebbe assediato come Al Serraj a Tripoli: la strada verso il voto anticipato sarebbe in discesa. Dunque i Dem hanno fretta di «organizzare il campo», come dice Zingaretti, per non farsi cogliere impreparati. Ecco quindi il corteggiamento assiduo delle Sardine, che capita l'antifona (forse) si concedono ma con parsimonia. Ecco gli ami lanciati ai moderati di centrodestra («Cosa ha a che fare Mara Carfagna con Salvini e Meloni?», si chiede a voce alta Franceschini), ecco le porte aperte al rientro degli attempati figlioli prodighi di Leu. Ma, soprattutto, ecco l'invito ai 5Stelle, contando sul loro terrore del voto e della disoccupazione: «Il governo è un fondamentale incubatore politico: le forze che lo compongono potrebbero costituire alle prossime elezioni l'alleanza ampia contro la destra. Impresa faticosa ma ineludibile», sentenzia Bettini. «Un nuovo campo», lo chiama Franceschini. «Un'alleanza politica non improvvisata e velleitaria con i 5Stelle, anche dopo il voto», chiarisce Orlando.
Per dimostrare la buona volontà di un Pd pronto a convertirsi agli slogan grillini, sia Bettini che Franceschini giurano che mai toglieranno il reddito di cittadinanza: sarà anche una schifezza, ma «va incontro a chi patisce» e poi «sarebbe difficile spiegare perché si leva». Conte è ovviamente della partita: in cambio del traghettamento dei grillini nell'alleanza, a lui - che agli stucchi di Palazzo Chigi si è assai affezionato - verrebbe regalata la candidatura a premier. Gli altri sponsor del disegno hanno i loro obiettivi: Franceschini punta ad essere il candidato dell'alleanza al Quirinale, Orlando vuol succedere a Zingaretti alla guida del Pd. Resta da capire cosa ne caverebbe il segretario attuale, che parlerà oggi.
Esiste anche un piano B, di cui i big sopra citati hanno discusso ieri in un summit a latere del conclave: in caso di vittoria dem in Emilia, la batosta per la Lega sarebbe violenta, il governo si rinsalderebbe e allora partirebbe l'operazione di «annessione» e prosciugamento di M5s. Ma i dubbi non mancano: «Che senso ha fare il proporzionale, per poi impelagarsi nel discorso delle alleanze?», si chiede ragionevolmente l'orfiniano Fausto Raciti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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