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"Con il mercato dei visti migliaia di irregolari dallo Sri Lanka in Italia"

L'allarme del diplomatico alla Farnesina: così funziona il business di passaporti e permessi

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Effetto valanga. Dopo le carte inedite sul traffico di visti scoperto in Pakistan, che dimostrano come il ministro degli Esteri Luigi di Maio abbia detto il falso in Parlamento sulla sparizione di mille sticker diplomatici dalla cassaforte dell'ambasciata italiana a Islamabad, al Giornale sono arrivate molte segnalazioni dal nostro personale in giro nel mondo. Materiale incandescente, che va analizzato con calma. Ma c'è uno scambio epistolare tra l'agosto e l'ottobre del 2022 tra un dirigente e la Farnesina che il Giornale ha intercettato e che rivela un sistema consolidato di visti e passaporti «facili» per consentire l'ingresso «regolare» di stranieri in Italia. Da Colombo, capitale dello Sri Lanka, sarebbero partiti dal 2018 «almeno 130mila» ingressi pilotati grazie a visti turistici concessi molto allegramente. Secondo i rilievi dell'ufficio Immigrazione delle Nazioni Unite «il 19% dei passaporti prodotti dall'ambasciata di Colombo nello Sri Lanka e sottoposti a controllo sono risultati falsi», il Viminale rischia «di dover firmare migliaia di decreti di concessione della cittadinanza italiana ad altrettanti cingalesi a causa di documenti falsi» che l'ambasciata «istruita a voce da un funzionario (di cui si fa nome e cognome, ndr), eviterà di rilevare».

Nelle missive scritte a un alto funzionario della Farnesina a un passo dalla pensione si denuncia il fallimento «del sistema di prenotazione degli appuntamenti online messi a punto dalla Dgit (la Direzione Generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie)», diventato secondo la denuncia del diplomatico una sorta di mercato degli slot «a 250, 500 euro», in mano «alle maledette organizzazioni criminali».

La sola ambasciata di Colombo sarebbe al centro di numerosi episodi misteriosi: un ammanco di 53mila euro scoperto nel 2018 e rimasto senza colpevoli; una dipendente straniera a contratto che dopo un alterco è entrata in coma; una serie di visti concessi con troppa generosità a persone che poi sono scappate in Inghilterra o sedicenti studenti universitari a caccia di un posto in un ateneo siciliano che risultavano sprovvisti di diploma (il permesso è arrivato dopo una sentenza ma il caso è stato segnalato alla Procura di Roma); le voci di corruzione su alcune dipendenti straniere a contratto, cacciate e reintegrate con tante scuse; lo scandalo dei 150 visti di lavoro richiesti dall'Italia, a volte da aziende chiuse da tempo, con il sospetto che dietro ci fosse un giro di tangenti che avrebbe garantito 8mila euro a visto agli organizzatori.

Tutte queste criticità solo sulla sede diplomatica di Colombo, secondo quanto risulta al Giornale, sarebbero il frutto del lavoro di un coraggioso funzionario mandato dall'Italia a sistemare una sede che in passato, come abbiamo visto, era stata al centro di numerose irregolarità. Tanto che una parte del personale sarebbe stato oggetto di minacce e ritorsioni, come confermerebbero i messaggi sui social. Ma secondo le carte non sempre le ispezioni rispetto a queste criticità sono state all'altezza.

Qual è il quadro desolante che emerge da queste denunce, al momento inascoltate? Che il livello di controllo di alcune sedi in Paesi disagiati e notoriamente serbatoio di immigrazione clandestina sono bassissimi, per non dire azzerati. Che il personale onesto che lavora per provare a contrastare il traffico illecito di visti, permessi e passaporti facili rischia grosso, financo la vita. A conferma della bontà delle denunce del deputato Fdi Andrea Di Giuseppe, che da mesi si batte per fare chiarezza sul comportamento di alcuni diplomatici e sulle stranezze emerse in alcune sedi. Da molte parti la richiesta è quella di chiudere gli uffici consolari al centro dello scandalo (Colombo nello Sri Lanka, ma non solo) anche per tutelare la sicurezza nazionale. Chissà cosa penserebbe la Ue se si rendesse conto che l'Italia è il ventre molle dell'Europa, che è il Paese che consente un traffico di visti in barba alle regole. Un messaggio chiaro anche per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, già al lavoro sulle denunce.

In attesa che si muova la magistratura romana.

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