Neutro, super partes, non coinvolto. Né come reazioni né come sentimenti. Il capo dello Stato Sergio Mattarella non ha mai avuto la tessera del Pd ma aveva lavorato alla nascita del partito, collaborando alla stesura del codice etico dem. Quanto basta perché da una parte si faccia fatica a non pensare male, immaginando sgambetti e paletti destinati a un governo «sgradito», e dall'altra si pensi pure troppo bene. Sperando magari che al di là dell'esito del voto pesi pure la «variabile Quirinale», tra veti e pressioni, ricordando per esempio lo stop imposto dal Colle a Paolo Savona nel 2018, quando proprio Mattarella sbarrò la strada per il Mef all'economista proposto dalla Lega, ritardando la nascita del governo gialloverde e mettendo il veto secondo l'allora capo politico M5s Luigi Di Maio - anche alle ipotesi alternative di nominare come capo di quel dicastero l'euroscettico leghista Alberto Bagnai o Armando Siri. Ma sugli ultimi due nomi proprio il Quirinale intervenne per smentire la dichiarazione di Di Maio, chiarendo che «non risponde a verità».
Ora la storia si ripete, in anticipo sulla chiamata alle urne e non nelle more della formazione di un governo. Fatto sta che al Colle le forze politiche in campo guardano chi con preoccupazione chi, come detto, con la speranza di avere un «alleato» a prescindere da quello che decideranno gli elettori. Qualche giornale mette in guardia il centrodestra e Giorgia Meloni dalle insidie quirinalizie? E Mattarella dice la sua, di nuovo tramite una nota dell'ufficio stampa del Quirinale.
Succede, tra l'altro, appena due giorni dopo, che a tirare in ballo il presidente della Repubblica siano stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. La presidente di Fdi, come è noto, l'altro giorno, replicando a chi come Di Maio e i tanti nel centrosinistra preoccupati da una sua affermazione rimarcava la sua presunta inadeguatezza a governare, ha ricordato come «se vincesse il centrodestra e ci fosse l'affermazione di Fratelli d'Italia non ho ragione di credere che Mattarella possa assumere una scelta diversa» dal dare a lei l'incarico per la formazione del governo. E l'alleato leghista ha per una volta rispolverato la cortesia istituzional-costituzionale, spiegando che prima si vota e poi toccherà a Mattarella scegliere «quello che riterrà opportuno». Poi, ecco il Colle dire la sua. «Sono del tutto privi di fondamento articoli che presumono di interpretare o addirittura di dar notizia di reazioni o sentimenti del Quirinale su quanto espresso nel confronto elettorale. Questi articoli riflettono inevitabilmente soltanto le opinioni dell'estensore», spiega la nota dell'ufficio stampa del Quirinale. Mandando un segnale di neutralità che per Giorgia Meloni - indicata dai sondaggi come leader del primo partito della coalizione che, per gli stessi sondaggi, vincerà le elezioni suona come rassicurazione.
Le ombre nere sollevate dagli avversari politici, la (ri)evocazione della pregiudiziale antifascista, le accuse di inadeguatezza, le presunte simpatie del Cremlino per la leader Fdi e per la sua parte politica fanno parte di una dialettica elettorale all'italiana, ma quelle nubi non toccano il Colle e non rappresentano in alcun
modo i «sentimenti» di Mattarella che nel 2021, quando Meloni venne insultata in radio da un ex assessore alla cultura del comune di Firenze, non esitò a chiamarla per manifestarle la sua solidarietà - sul confronto in atto.
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