«È venuto il momento di una vera rivolta sociale», «bisogna rivoltare il Paese come un guanto», dal governo «un tentativo serio di svolta autoritaria».
Professor Giovanni Orsina, come valuta l'escalation retorica di Maurizio Landini?
«Premettiamo una cosa: siamo di fronte a un leader sindacale, un soggetto politico alla guida di un sindacato che dentro alla sua storia ha importanti venature radicali, e che parla in piazza durante uno sciopero generale contro un governo che è di un'altra parte politica. Scontiamo quindi il fatto che in una situazione simile è naturale che i toni si alzino. Dopodiché, fermo restando questa attenuante generica, alcune cose che Landini ha detto avrebbe dovuto risparmiarsele».
Quali?
«In particolare una. Quella in cui, pur riferendosi specificamente allo sciopero, Landini ha parlato di tentativo autoritario. Vero è che i toni accesi non sono solo suoi, ma ci sono stati anche da parte del governo, da Salvini in particolare. Però, concesse a Landini sia l'attenuante generica di parlare da capo della Cgil in piazza, sia l'attenuante della provocazione, quella frase lì è una frase che non si deve dire. Perché se è in atto un tentativo eversivo dell'ordine democratico in senso autoritario, passa il messaggio che di fronte a questo diviene legittimo reagire con la violenza».
Insomma, si rischia di legittimare quello che non è legittimabile
«Esattamente. Anche perché il clima è difficile non solo in Italia ma in Occidente: un Paese nostro vicino come la Francia in questi ultimi anni ha visto emergere atti di ribellione anche violenta. L'Italia, per il momento, sembra essere riuscita a evitare le manifestazioni più gravi di questa insoddisfazione di pezzi importanti dell'opinione pubblica. Ma gli equilibri sono sempre precari, pensiamo al caso di Milano, al Corvetto».
Ecco, in quegli scontri c'è un po' di odore di banlieue?
«Un po' di odore di banlieue c'è. E allora, di fronte a tutto questo, parole come quelle di Landini a me sembra non dovessero esser dette. Passi rivoltiamo il Paese come un calzino, in fondo la Cgil è un soggetto politico e parte della sua spinta è voler cambiare il mondo. Anche dire che il governo non rappresenta la maggioranza del Paese è un'affermazione tecnicamente corretta, se però si considera che ci sono delle istituzioni democratiche e che questo è un governo legittimo. Ma la frase sul tentativo di svolta autoritaria è davvero pericolosa e si sarebbe dovuta evitare. Fermo restando che non sarebbe male se i toni si abbassassero anche da parte del governo».
Tornando al Corvetto, se le finora quasi inedite tensioni etniche dovessero incontrarsi con il clima di protesta antigovernativa delle piazze dove si bruciano le immagini dei ministri, non c'è il rischio di un'escalation che porti a manifestazioni che travalichino il livello dello scontro verbale?
«Non c'è dubbio. D'altra parte, data la tradizione italiana, ho trovato sorprendente che il governo Meloni non abbia innescato inizialmente grandi manifestazioni di protesta. Ma il Paese, reduce da un decennio di altalena politica, era politicamente anestetizzato. La misura della vittoria della Meloni e la catastrofe della sinistra che le ha fatto da corrispettivo avevano lasciato sotto shock certi pezzi di opinione pubblica. Ora vediamo che quelle parti di Paese si stanno risvegliando, e con una opposizione politica che rimane debole non trovano sfogo in una proposta politica che abbia chances di vincere in tempi rapidi. Forse pensavano che il governo Meloni avrebbe avuto vita breve, ma ora si sono resi conto che l'esecutivo è solido, sta mettendo radici e costruendo, legittimamente, un sistema di potere. E così, questi pezzi di opinione pubblica si affidano alla piazza, una tradizione che l'Italia del resto ha sempre avuto. Tutto fisiologico, ma chi fa politica nelle istituzioni deve tendere a mantenere questo livello di protesta entro i limiti».
Anche con un uso accorto delle parole.
«Se tu da un palco dici che c'è una svolta autoritaria in atto, di fatto quest'area la sobilli e finisci per legittimare anche possibili violenze.
E siccome appunto il clima complessivo è brutto ci sono due guerre in corso, ci sono tensioni di ogni tipo, c'è Trump che deve riprendere il potere alla Casa Bianca, c'è un'Europa fragile direi che se tutti abbassano i toni è meglio».
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