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Mettiamo gli Alpini sui vagoni

Anziché metterli alla berlina, anziché crocifiggerli con un'indegna "caccia al depravato" messa in piedi a comando qualche settimana fa da femministe e compagnia cantante, gli alpini andrebbero messi sui treni

Mettiamo gli Alpini sui vagoni

Anziché metterli alla berlina, anziché crocifiggerli con un'indegna «caccia al depravato» messa in piedi a comando qualche settimana fa da femministe e compagnia cantante, gli alpini andrebbero messi sui treni. È una provocazione, o forse no, ma se domenica sul regionale che da Garda riportava a casa le ragazze che sono state violentate da un gruppo di stranieri ci fossero stati gli alpini c'è da scommetterci che questi «signori», che trattano le donne come se fossero carne da macello, le mani le avrebbero tenute al loro posto. Ma ormai va così. A Rimini l'adunata delle penne nere è stata dipinta come un grande «bordello» dove è successo di tutto e di più, ma dove alla fine nessuno ha denunciato nessuno, una «gazzarra» che è servita solo a gettare fango su uomini che sono l'orgoglio e uno dei pochi punti fermi di questo Paese. Altrove passa quasi tutto sotto silenzio. Così è andata con le violenze sessuali di Capodanno in piazza Duomo a Milano, così sul treno che sempre da Milano andava a Saronno quando vennero violentate altre due giovani, così poche settimane fa nella stazione di Porta Garibaldi quando due vagoni sono stati completamente devastati perché a bordo era stato organizzato un rave party. Già, ma il problema sono gli alpini, le loro adunate che buona parte della sinistra illuminata ha demonizzato ad arte, forse per nascondere il fallimento di una politica di immigrazione e di integrazione che è il simbolo di una sconfitta. Ci si è accorti all'improvviso che Milano vale Colonia, sfregiata da un «rito» sessuale di gruppo tanto sfrontato quanto violento. Che è come Parigi, con le sue «banlieue», diventate città nella città, Stato in un altro Stato con proprie leggi, proprie regole e propria cultura. Sembrava che questi problemi non ci riguardassero. Sembrava. Ma forse ci si era solo illusi o più probabilmente non si è avuta l'onestà intellettuale di ammetterlo. Certo, tanti stranieri, la maggior parte, che qui lavorano e si guadagnano onestamente da vivere, sono una risorsa e il primo passo verso quella multiculturalità che è ormai la cifra di tutte le grandi metropoli. Ma bisognerebbe avere anche il buon senso di ammettere, di riconoscere che nelle piazze, sui treni se delle ragazze vengono molestate e aggredite c'è un problema serio di sicurezza che andrebbe affrontato senza retorica e senza buonismo. Insomma c'è un prezzo da pagare.

Ma il conto non può essere presentato agli alpini.

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