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La minaccia, la telefonata: la trattativa di fuoco di Draghi

I 5 Stelle furiosi con il garante: "È in conflitto di interessi per la vicenda del figlio". Conte non digerisce la nuova riforma: c'è l'ipotesi di uscita dal governo

La minaccia, la telefonata: la trattativa di fuoco di Draghi

Nelle ultime ore il governo ha traballato probabilmente come non mai. L'esecutivo guidato da Mario Draghi ha rischiato davvero grosso, considerando le differenze abisalli tra i partiti di maggioranza sul tema della giustizia. Sembrava un'impresa impossibile riuscire a mettere d'accordo tutti, ma il lavoro di mediazione portato avanti anche dal ministro della Giustizia Marta Cartabia ha dato i propri frutti. Da una parte ha più o meno accontentato le forze a sostegno del governo, ma dall'altra non ha fatto altro che rendere ancora più caotica la situazione all'interno del Movimento 5 Stelle. Tanto che molti esponenti pentastellati si chiedono quali siano le motivazioni per una permanenza, e dunque l'ipotesi di sfilarsi dall'esecutivo torna in cima alla lista delle possibilità.

Anche perché va registrato che la reazione di Giuseppe Conte è stata ferma, senza concedere chissà quali toni idilliaci a coloro che esultano per la nuova riforma: "Non canterei vittoria, non sono sorridente sull'aspetto della prescrizione, siamo ritornati a una anomalia italiana". Il malcontento dell'ex presidente del Consiglio è tale che in molti non escludono appunto che nelle prossime settimane la "fronda contiana" possa valutare seriamente di abbandonare la maggioranza. Tuttavia, come scrive Adalberto Signore su ilGiornale in edicola oggi, un'eventuale rottura con l'attuale premier potrebbe avvenire solo se e quando riuscirà a prendere la leadership del M5S: farlo prima significherebbe spaccare in due i gruppi parlamentari grillini.

La telefonata Draghi-Grillo

Il compromesso sembrava lontano ma alla fine è stato raggiunto grazie anche al via libera dei ministri 5 Stelle che, inizialmente, sembravano intenzionati ad astenersi. Cosa ha fatto cambiare la loro linea? Si sarebbero rivelati fondamentali, secondo Il Fatto Quotidiano, dei contatti con Beppe Grillo che avrebbe convinto loro a invertire la rotta. Ma prima, riportano diversi quotidiani, ci sarebbe stato un contatto tra il comico genovese e Mario Draghi.

"Mi dimetto"

La tensione aveva raggiunto livelli altissimi, anche perché avrebbe fornito il quadro di una maggioranza frammentata su un importante tema in ottica del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non a caso il presidente del Consiglio, pur riconoscendo la sovranità del Parlamento, si aspetta che la riforma non venga stravolta. Dal M5S fanno trapelare una versione dei fatti che, se confermata, sarebbe la perfetta testimonianza della fragilità raggiunta nelle scorse ore. Se non passa la riforma sarò costretto a mettere nelle mani del presidente della Repubblica le mie dimissioni, sarebbe stato il ragionamento di Draghi riportato da La Stampa. Anche perché - sempre secondo la versione fatta trapelare dai pentastellati - loro stessi sarebbero stati poi informati anche del fatto che in quelle ore ci sarebbero stati contatti informali tra Palazzo Chigi e il Quirinale.

"Conflitto di interessi per il figlio"

Nel M5S non solo è montata la rabbia per aver snaturato l'impianto dell'animo Bonafede, ma i sentimenti di ira riguardano anche quella telefonata che sarebbe avvenuta tra Draghi e Grillo. La Stampa fa sapere che sono diversi i 5 Stelle indispettiti per l'eventuale contatto tra i due, soprattutto se si considera che il figlio Ciro rischia di essere rinviato a giudizio dopo essere stato accusato di stupro da una ragazza. "È apertamente in conflitto di interessi", lamenta qualche pentastellato.

Intanto proprio nella giornata di ieri è stata rinviata al prossimo 5 novembre l'udienza preliminare a carico del figlio e degli amici Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia.

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