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"Mi dissocio dal segretario Letta. Voterò l'abolizione della Severino"

Il senatore dem: "Quella legge ha prodotto danni incalcolabili. Il rischio di giustizialismo nel mio partito non è scongiurato"

"Mi dissocio dal segretario Letta. Voterò l'abolizione della Severino"

Quattro legislature al Parlamento europeo, incarichi di peso, tra cui la guida del gruppo dei Socialisti europei, ora è senatore del Pd e sindaco di Lauria (Basilicata): Gianni Pittella appoggia la campagna per chiedere di estendere il voto (comunali e referendum) anche alla giornata di lunedì 13 giugno e si smarca da Letta sulla legge Severino: «Voto sì all'abolizione».

È favorevole a estendere la consultazione anche al 13 giugno?

«Mi faccia fare una premessa, tutto ciò a cui rispondo vale a titolo personale e non impegna il mio partito, il Pd, che tra l'altro ha lasciato sostanziale libertà di orientamento sul grosso dei quesiti. Detto ciò ogni scelta che può alimentare la partecipazione democratica, come l'estensione al lunedi, è da considerarsi positivamente».

Lei è anche sindaco. I sindaci stanno portando avanti una battaglia per rivedere la legge Severino. Letta invece ha schierato il Pd contro il quesito. Un errore?

«La posizione di Letta e quella dell'Anci formalmente non sono inconciliabili. Rivedere la Severino è davvero urgente poichè la decapitazione prudenziale di molte amministrazioni, molte volte per cosiddetti reati amministrativi, ha prodotto sovente danni incalcolabili. Di fronte a questa anomalia il Parlamento dovrebbe assumersi le sue responsabilità. Letta in questo è d'accordo. Il referendum però, concordo con Antonio De Caro (presidente Anci, ndr) può mettere la politica di fronte a questa responsabilità. Per cui, anche da sindaco ogni giorno impegnato nel difficile governo della propria comunità, voterò sì».

Il Pd scivola verso posizioni giustizialiste?

«Complessivamente il Pd degli ultimi anni è guarito da eccessi alla Robespierre ma il rischio ricaduta nell'antico malanno non è mai scongiurato davvero. Ci vuole equilibrio nell'affermare giustizia e perseguire il reo e parimenti nell'affermare garanzie per l'indagato e nel recuperare il condannato. Un sistema delicato che nella Costituzione dovrebbe avere il faro e il riferimento primo, per tutti non solo per il Pd. Anche su questi temi il referendum può essere monito e stimolo. Non è più rinviabile una riforma di giustizia, più che della giustizia».

Nel suo partito c'è chi sostiene che la riforma della Giustizia vada fatta in Parlamento. Con questa maggioranza è possibile?

«Onestamente non lo credo più molto. Manca un anno o poco meno al termine del mandato e tra un po' si accentueranno le differenze più che le spinte unitarie. Non credo dunque sarà facile anche se dobbiamo provarci. I referendum ancora una volta possono essere un pungolo utile per una classe politica addormentata o divisa».

Si registra qualche problema per il campo largo Pd-M5s?

«Diciamocela tutta. Il M5S ha avuto in questi anni una traiettoria da forza antagonista a forza di responsabilità che io giudico positivamente e che si deve anche all'incontro, alla positiva contaminazione, con il Pd e alla tenuta del Paese in momenti difficili. Il rischio che però si torni indietro, accentuando differenze o affermando superati massimalismi, è sempre presente. Anche per possibili strappi interni. Capisco che chi ha oggi l'egemonia politica dei 5 Stelle debba mediare con i pasdaran del ritorno alle origini per non farsi scavalcare sulla purezza del Movimento. Ma il dado è tratto. La mia idea del Pd è socialista, liberale, libertaria, riformatrice. Che vuole costruire un'Italia più forte e più autonoma anche energeticamente in un'Europa più unita anche nella difesa dei propri confini e dei propri valori fondanti.

E con gli alleati in Italia serve questo orizzonte comune».

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