Milano e Roma si preparano per l'emergenza

Milano e Roma si preparano per l'emergenza

Ebola. È appena arrivata e già trema tutta l'Europa. In Spagna dopo il primo caso, un'infermiera, il sistema sanitario è sotto la lente. In Italia i due perni dell'organizzazione anti Ebola sono l'ospedale Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma. Nel primo, ieri mattina, si è riunita la task force dedicata alle malattie infettive per fare il punto della situazione.

«Al Sacco sono disponibili quindici posti letto, ma possono arrivare fino a settanta, in stanze ad alto isolamento – spiega Giuliano Rizzardini, responsabile della divisione malattie infettive - che in caso di necessità sono in grado di essere isolate dal resto dell'ospedale, con anche percorsi separati dagli altri pazienti».

La struttura fu creata nei primi anni Duemila per la Sars. Ed essendo uno dei due luoghi in cui portare gli eventuali casi gravi, l'ospedale è anche dotato di due ambulanze speciali, come lo Spallanzani, in grado di garantire il trasporto in sicurezza del malato.

La formazione sulle procedure per trattare gli eventuali malati si svolge a cadenze settimanali e coinvolge tutto il personale. Seguire i protocolli è un aspetto fondamentale, sottolinea Rizzardini: «È facile che siano proprio medici e infermieri a restare contagiati se non seguono scrupolosamente le procedure per indossare e togliere le tute apposite: è capitato anche a un mio amico che operava in Uganda nel 2000 per un'altra epidemia di Ebola. Nella fretta di recuperare un paziente uscito dalla stanza ha dimenticato solo un dettaglio ed è stato infettato: in una settimana è morto ad appena 42 anni».

Allo Spallanzani invece, che può contare su sedici posti letto in grado di diventare ad alto isolamento, più altri 160, si è appena conclusa una settimana di corsi di formazione per tutto il personale: «È solo una parte delle nostre iniziative in tal senso: domani ne parte un altro per tutti gli infettivologi della regione – precisa Giuseppe Ippolito che coordina l'istituto romano – dopo il caso spagnolo non possiamo più dire che sia impossibile l'arrivo del virus: secondo un modello matematico sviluppato a Boston, c'è il 5 per cento di possibilità che Ebola arrivi in un Paese come l'Italia, ma il numero è così basso che possiamo almeno dire che sia inverosimile l'arrivo come l'epidemia».

La difficoltà relativa al propagarsi di un'epidemia è data anche dalla natura di questo virus: Ebola, il cui nome viene dal fiume congolese in cui fu isolato nel 1976, è estremamente mortale e perciò tende a uccidere rapidamente tutte le persone a tiro di contagio. Per questo motivo è reputato impossibile che possa giungere su uno dei tanti barconi di migranti: il tempo di incubazione è troppo breve e il malato morirebbe molto prima di imbarcarsi.

Più facile il

passaggio dagli aeroporti, dove vengono controllate soprattutto le persone provenienti da Liberia, Sierra Leone, Guinea e Nigeria, Paesi che, comunque, sono dotati di presidi che in teoria dovrebbero poter agire da filtro.

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