Milano è la paladina del Sì Decisivi i salotti radical chic

La città, con Firenze e Bologna, a favore della riforma Ma tutto il vantaggio è arrivato nelle zone più ricche

Milano è la paladina del Sì Decisivi i salotti radical chic

«Milano città Stato» grida oggi qualche deluso del Sì, per esaltare l'idea della diversità ambrosiana in un mare di No alla riforma costituzionale. Il Sì ha vinto solo nella rossa Bologna, nella Firenze di Matteo Renzi e a Milano. E la Milano che non volta le spalle a Renzi (almeno non del tutto) è la stessa città che a giugno ha già salvato il presidente del Consiglio. Dopo il disastro generale delle Comunali, infatti, Renzi era rimasto a Palazzo Chigi solo grazie alla faticosa vittoria di un suo candidato, Beppe Sala, peraltro abbastanza abile da smarcarsi, alla vigilia del voto, dal suo ingombrante sponsor, già visto come una zavorra (mentre soltanto due anni prima era percepito come una specie di «Re Mida» delle elezioni locali).

A bene vedere la mappa del voto milanese, però, viene fuori una realtà parzialmente diversa: non è Milano che ha premiato il Sì, è il centro di Milano. Sono state le aree più ricche e scintillanti della città a puntare su Renzi fino alla fine. La nuova Milano della movida chic, dominata dal Bosco verticale disegnato dall'archistar (ed ex assessore alla Cultura) Stefano Boeri. A Milano il Sì ha vinto per poco più di 15.197 voti. E nel centro della città Renzi ha battuto i No per 15.576 voti. Il centro è stato decisivo. E qualcosa di simile è successo alle Comunali di giugno.

I municipi di Milano hanno un nucleo centrale, Zona 1, e otto spicchi dal centro all'estrema periferia. Nel Municipio 1, a giugno, Sala ha battuto Stefano Parisi, candidato del centrodestra, di oltre 4 punti. E una vittoria larga l'ha ottenuta anche nel municipio 3, socialmente molto simile al cuore della città. Sempre nel voto per il sindaco, il centrodestra ha prevalso nel municipio 2 (via Padova, stazione centrale) nel 7 (San Siro, Baggio) pareggiando praticamente nel 4 (Corvetto, Rogoredo) nell'8 (Quarto Oggiario, Gallaratese) e nel 9 (Comasina, Niguarda, viale Jenner). Tutte periferie difficili. Nel voto per i Municipi, il centrosinistra ha conquistato agevolmente il centro, mentre degli altri otto presidenti, ben cinque sono andati al centrodestra. Non è un caso se lo stesso Sala, nel tentativo di arginare da subito questa emorragia di voti nei quartieri popolari, ha fatto sapere che le periferie sarebbero state la sua «ossessione», e poi ha cercato di tener fede a questo impegno convocando la sua prima giunta al Lorenteggio, altro quartiere delicato.

C'era stata un'anteprima alle Politiche del 2013 (Scelta civica primo partito in Zona 1 al 24,4%) e poi alle Europee 2014 (Pd primo col 50%). Domenica si è visto un panorama urbano ancor più nitido. Il Sì ha toccato il suo record in centro (65%) e nel municipio 3 (53%). Il segretario provinciale della Lega, Davide Boni, ha parlato di un centro «regno di lobby e radical chic», sottolineando che il No «ha vinto dove i milanesi vivono sulla propria pelle i problemi e i disagi». E anche un veterano di Palazzo Marino come Riccardo De Corato, grande conoscitore di periferie (dove è sempre stato molto votato) ha messo il dito nella piaga: «Il Sì ha vinto soprattutto nel centro storico, dove è numeroso il gruppo dei radical chic». A giudicare dai sostenitori del Sì l'analisi è tutt'altro che forzata.

Sembra passato un secolo da quando il centro era considerato roccaforte della destra mentre le periferie operaie e l'hinterland si affidavano alla sinistra. Oggi il Pd è il partito della borghesia benestante, colta e filogovernativa, quella dell'editoria progressista, degli intellettuali radicali, di artisti, attori e musicisti. Ma la gente va da un'altra parte.

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