Militari e imprese, l'Italia è pronta

La ricostruzione a Gaza tra l'invio di forze armate e l'impegno dei gruppi economici

Militari e imprese, l'Italia è pronta
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"L'Italia farà la sua parte". È la premier Giorgia Meloni a tracciare per prima la linea da seguire per la lunga e complessa fase del dopo piano di pace a Gaza affermando che "l'Italia continuerà a sostenere gli sforzi dei mediatori ed è pronta a contribuire alla stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo di Gaza".

L'impegno italiano nella striscia dovrebbe articolarsi su più fronti, in primis attraverso il ruolo delle nostre forze armate per garantire il rispetto della pace e l'addestramento delle forze palestinesi, in secondo luogo con le partecipate di Stato e le grandi aziende nella ricostruzione, in terzo luogo continuando l'attività umanitaria per cui l'Italia si è già distinta in questi mesi.

A testimoniare la volontà del governo di muoversi in tal senso sono anche le parole dei ministri degli Esteri e della Difesa Antonio Tajani e Guido Crosetto. Secondo Tajani "l'Italia è pronta a fare tutto ciò che serve per una soluzione in Medio Oriente. L'Italia può anche dare militari per una forza internazionale che possa unificare Gaza e Cisgiordania. Siamo anche in prima linea per gli aiuti" mentre Guido Crosetto spiega "per quanto riguarda il futuro, e cioè la concreta realizzazione del piano di pace Usa per Gaza, ovviamente l'Italia e, in particolare, le Forze Armate sono e saranno pronte a fare la loro parte, come hanno sempre fatto e come hanno dimostrato, in tutte le missioni internazionali cui partecipano, di saper fare. L'Italia c'è e ci sarà sempre, quando si tratta di aiutare e sostenere i processi di pace".

A svolgere il ruolo di forza internazionale dovrebbero essere i Carabinieri che hanno alcune caratteristiche che li rendono senza uguali. Anzitutto sono l'unico corpo in grado di svolgere sia forza militare sia di polizia, inoltre hanno già esperienza nell'area sia in Libano sia in Cisgiordania dove hanno svolto un'attività di formazione per le forze dell'ordine palestinesi e sono un simbolo di italianità che tutto il mondo ci invidia.

C'è poi tutta la partita della ricostruzione in cui anche l'Italia può giocare un ruolo importante con le partecipate di Stato e con colossi privati come We Built, inoltre nel Mediterraneo orientale l'Eni è già presente nei giacimenti al largo di Israele e Cipro. Proprio sulle possibilità di investimenti nella ricostruzione di Gaza si sofferma con Il Giornale Roberta Anati, presidente di Elnet Italia, organizzazione che promuove i legami tra Europa e Israele: "la storica tradizione diplomatica italiana in Medio Oriente può essere decisiva per un ampio coinvolgimento delle eccellenze imprenditoriali italiane nella ricostruzione".

Non bisogna poi dimenticare la questione umanitaria in cui l'Italia, con l'iniziativa Food for Gaza, ha già fatto tanto e vuole continuare ad avere un ruolo da protagonista nei prossimi mesi.

Come spiega a Il Giornale l'ambasciatore Francesco Talò, già consigliere diplomatico della premier e ambasciatore in Israele, oggi inviato speciale italiano per il corridoio Imec: "L'accordo di pace dimostra che, quando l'Occidente è unito e l'America ce la mette tutta, si riescono a ottenere i risultati. In tal senso l'Italia ha un ruolo centrale nell'Occidente e oggi si comprende l'insistenza di Giorgia Meloni e Antonio Tajani sul tema dell'unità occidentale in Medio Oriente ma anche in Ucraina. Il dato politico di questo accordo di pace è il ridimensionamento della Cina e della Russia che tra l'altro perdono potere con il cambio di governo in Siria e i colpi subiti dal regime iraniano".

Per il dopoguerra aggiunge Talò "l'Italia può dare un contributo sia in termini di sicurezza con i Carabinieri e la Guardia di Finanza recuperando la missione europea Eubam di assistenza al valico di Rafah sia in ambito economico sulla ricostruzione, anche se i Paesi arabi come gli Emirati sono avvantaggiati.

In ogni caso è un'occasione per investire in una regione con grandi opportunità, anche nel contesto della futura rete di connettività Imec". Basti pensare che, secondo un rapporto della Banca mondiale dello scorso febbraio (per cui i dati a oggi potrebbero essere aumentati), il costo stimato della ricostruzione di Gaza si aggira sui 53 miliardi di dollari.

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