
Un genitore che entra illegalmente in Europa con il figlio minore (e documenti falsi) non può essere paragonato a uno scafista. Entrambi commettono il reato di ingresso clandestino, ma al genitore non si può contestare il favoreggiamento. È questo il senso del pronunciamento della Corte di Giustizia Ue che ha fatto esultare le organizzazioni pro migranti e che secondo alcuni legali rischia di essere «un grimaldello» per mettere in discussione le nuove norme sui rimpatri, sui Paesi terzi e di origine sicuri, contesti in cui «i diritti fondamentali devono prevalere».
Nell'agosto del 2019 si è presentata all'aeroporto di Bologna una congolese con la figlia e la nipote, entrambi minorenni, ma con passaporti falsi. Arrestata, aveva spiegato di voler fuggire dalle minacce di morte dell'ex compagno e di essere affidataria delle due minori (anche della nipote) dopo la morte della madre. Di fronte alla contestazione del reato di «favoreggiamento dell'immigrazione clandestina» è stata la giudice Valeria Bolici, nel 2023 a interrogare i giudici del Lussemburgo (causa C-460/23 Kinsari) sulla compatibilità della Direttiva 2002/90 del 28 novembre 2002 in materia di favoreggiamento dell'immigrazione illegale con la Carta dei diritti fondamentali.
«I principi del diritto internazionale non sono alla mercé dei desiderata politici dei singoli governi», sottolinea l'eurodeputata Pd Cecilia Strada, secondo cui la Direttiva si baserebbe «su una serie di storture vergognose e volontarie» come l'assenza di lucro e dell'assistenza umanitaria per rendere non punibile il favoreggiamento. Il presidente della Corte di Giustizia Ue, Koen Lenaerts, si è preso la briga di spiegarla a puntino in un video (in italiano) pubblicato sui profili della Corte. Aver deciso di portare illegalmente in Italia il minore non è un comportamento di per sé illecito ma rientra «nell'esercizio della responsabilità genitoriale». In quanto tale la legge che la sanziona «va contro il diritto comunitario», giacché secondo la Corte «gli Stati membri non possono estendere la definizione di reato oltre quanto previsto dal diritto Ue». Di conseguenza non può esserci alcun tipo di favoreggiamento dell'ingresso illegale nei confronti di una persona che «in violazione del regime di attraversamento delle frontiere, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di Paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria», si apprende dalla sentenza, dove si sottolinea anche che avendo la donna richiesto asilo poco dopo l'ingresso non poteva considerarsi in soggiorno irregolare né essere punita per l'ingresso suo o dei minori.
«È la prima volta che l'interpretazione e la valutazione del favoreggiamento dell'immigrazione irregolare viene valutato in questi termini, è un primo passo per mettere in discussione l'intero impianto europeo che criminalizza chi vuole aiutare minori a entrare in Europa», dice Francesca Cancellaro, il legale della donna.
Nel mirino c'è la normativa Ue sull'immigrazione più restrittiva sugli sbarchi, sulla concessione del diritto d'asilo e sulle espulsioni - anche da Paesi extra Ue come l'Albania - da chi proviene da «Paesi sicuri» che l'Europa vogliono adottare con il Piano migrazione e asilo entro il 2026. «Parlare di Paesi terzi sicuri serve solo a far passare la narrazione falsa secondo cui chi da lì proviene o transita non ha diritto di asilo in Europa e deve essere rimandata indietro», dice ancora la Strada. «Siamo all'ennesima sentenza surreale - replica il capodelegazione Fdi al Parlamento europeo Carlo Fidanza - è un colpo di mano ideologico che rischia di aprire ancora di più la strada all'immigrazione incontrollata». La sentenza potrebbe avere effetti su migliaia di ingressi in tutta Europa. Secondo l'Arci nel 2024 sarebbero almeno 106 i migranti accusati di aver facilitato l'immigrazione irregolare.
«Entrambi certamente commettono il reato di ingresso clandestino, ma il reato di favoreggiamento dell'ingresso clandestino altrui è diverso ed è molto più grave», spiega al Giornale un magistrato che si occupa di legislazione sull'immigrazione e che preferisce rimanere anonimo.
Dunque, contestare a un genitore un'aggravante del genere secondo la Corte è «un'ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e nei diritti fondamentali del minore», protetti dalla medesima Carta, spiega il giudice.