Mina sul referendum: rischio spezzatino

Esposto dei radicali in Cassazione per scorporare il quesito sul ddl Boschi. Fi, Lega e Fdi domani in piazza a Bergamo per il No

Maria Elena Boschi con il fiocco arcobaleno per la fiducia alle unioni gay
Maria Elena Boschi con il fiocco arcobaleno per la fiducia alle unioni gay

Roma - Si sposta a Bergamo la battaglia referendaria. Domani nella città lombarda si registrano in contemporanea due manifestazioni. La prima vedrà la presenza del premier Matteo Renzi al Teatro sociale alle 11 con la presentazione dei comitati per il sì, e l'altra in calendario nel pomeriggio vedrà invece il centrodestra unito scendere in piazza per il lancio della campagna per il no. «Saremo in piazza e non in un cinema», spiega Renato Brunetta capogruppo di Forza Italia alla Camera. Lanceranno la campagna per il no al referendum costituzionale in programma il prossimo autunno e riguardante la riforma del titolo V della Costituzione e l'abrogazione del bicameralismo perfetto. Intanto una delegazione di radicali si è presentata alla Corte di cassazione per depositare la richiesta di scorporo dei quesiti sintetizzati nel referendum confermativo. L'assunto è di quelli semplici. Andare a esprimere il proprio giudizio sull'intero «pacchetto» di riforme costituzionali con un sì o con un no, è solo un plebiscito. La richiesta è stata presentata dal segretario di Radicali italiani, Riccardo Magi, e da altri sottoscrittori, tra cui il costituzionalista Fulco Lanchester e l'ex segretario Marco Staderini. «Questa iniziativa - ha detto Magi - e la successiva raccolta di firme, è stata intrapresa con la volontà di evitare che il Paese si divida su una Guerra Santa. Il primo obiettivo è garantire la libertà di voto e di scelta, basata sulla possibilità di discernere». Per raccogliere le 500mila firme necessarie a questa modifica del referendum i radicali si appellano al «mondo accademico e alla società civile», ma anche ai parlamentari. Infatti in base all'articolo 138 della Costituzione le richieste possono essere sostenute anche da un quinto dei deputati o dei senatori o da cinque Consigli Regionali. «L'alternativa «alla libertà di scelta e di voto dei cittadini è il bonapartismo». spiega il costituzionalista Fulco Lanchester, con una nemmeno tanto velata frecciata all'indirizzo di Palazzo Chigi. Il cui inquilino oscilla sta trasformando il referendum costituzionale in un ricatto politico «se non vince il sì me ne vado». Anche Roberto Speranza, leader della minoranza dem, vorrebbe meno personalismi ma soprattutto far cadere l'argomento referendum, almeno fino a spoglio avvenuto delle prossime amministrative.

Altra frecciata arriva dal presidente dell'Associazione nazionale magistrati. Piercamillo Davigo ribadisce che è «lecito» che un giudice si schieri nel referendum. «Altra cosa è agire in gruppi - spiega - e il nostro codice etico che lo vieta».

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