"Minacce anti russe". La ripicca di Mosca sempre più isolata: bombe e asse con Xi

Il Cremlino: il vertice in Lituania viola la nostra sicurezza. La reazione scomposta dimostra il fallimento della guerra a Kiev

"Minacce anti russe". La ripicca di Mosca sempre più isolata: bombe e asse con Xi
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C'è un senso di rabbiosa impotenza nella reazione di Mosca agli esiti del vertice atlantico di Vilnius. Negli attacchi portati alle città ucraine con i missili mentre Volodymyr Zelensky porta a casa, se non l'impossibile adesione imminente alla Nato in cui sperava contro ogni logica, un livello di sostegno militare, politico ed economico senza precedenti. Nelle minacce rivolte all'Occidente per le garanzie di sicurezza offerte a Kiev, che sono poi la conferma del fallimento cocente della strategia di Vladimir Putin in questa guerra folle, che sta portando per sua sola responsabilità ad avverarsi la sua profezia di un rafforzamento della Nato ai confini della Russia. Nelle ormai trite allusioni a «contromisure» militari russe in reazione ad atti difensivi sempre meglio coordinati tra l'Ucraina e i suoi alleati occidentali. Nell'annuncio di un prossimo viaggio di Putin in Cina, in date da definire, ma l'importante era rimarcarlo adesso.

La narrativa ufficiale del regime coperti, si sforza di capovolgere la realtà dei fatti. Descrive una Nato guerrafondaia e anti russa, pretendendo di dimenticare chi questa guerra l'ha cominciata e con quali metodi imperialisti, spingendo i governi europei inizialmente recalcitranti a fare fronte con gli Stati Uniti per difendere, con l'Ucraina aggredita dalla Russia, l'idea stessa della libertà in Europa. Era questo il messaggio di un gigante della cultura europea, quel Milan Kundera scomparso ieri a 94 anni, che già ai tempi dell'Urss ricordava come l'Europa fosse una sola e che la libertà della sua parte orientale ne dovesse essere un pilastro fondamentale.

A Mosca raccontano di un fallimento di Kiev, che non avendo ottenuto un invito ufficiale ad aderire alla Nato nell'immediato futuro avrebbe mancato il suo vero obiettivo. Ma la verità è un'altra, e va letta nella differenza tra ciò che Volodymyr Zelensky ha portato a casa dal summit in Lituania (un pacchetto di garanzie di sicurezza per l'Ucraina che comprende sostegno militare prolungato nel tempo con crescente impegno delle industrie occidentali a investire nella fornitura di armi a Kiev, oltre al manifestarsi di una partnership politica ed economica sempre più stretta che sta facendo dell'Ucraina un Paese europeo a tutti gli effetti) e ciò che era ragionevole attendersi: e quella differenza è praticamente nulla. In altre parole, è vero che Zelensky aveva tentato ogni pressione per ottenere un invito o almeno l'indicazione di una data per entrare nella Nato, ma è altrettanto vero che perfino per Joe Biden, il presidente più filoucraino che a Kiev potessero augurarsi alla Casa Bianca, aprire le porte all'Ucraina adesso, con una guerra in corso, avrebbe rappresentato un rischio eccessivo.

Al Cremlino non rimane, come da molto tempo a questa parte ormai, che l'arma sempre più spuntata dell'intimidazione. Il portavoce Dmitry Peskov ricorda agli europei la «pericolosità» dell'offrire garanzie di sicurezza all'Ucraina, sostenendo che queste altro non sarebbero che una minaccia alla sicurezza della Russia. Ma è la solita menzogna, una voluta confusione tra ciò che viene fatto per difendersi da un'aggressione e ciò che rappresenterebbe una volontà di aggredire: la vecchia retorica falsa della Russia sotto attacco dall'Occidente, agitata per tenere unito il fronte interno. Così come è basata su un incredibile controsenso la minaccia russa di ricorrere a contromisure se l'Ucraina utilizzerà per difendersi dall'invasore quelle bombe a grappolo che l'invasore stesso sta usando dall'inizio del conflitto.

L'intimidazione agli occidentali consiste nell'allusione a una reazione, magari con ricorso all'arsenale atomico, al serrarsi del fronte che sostiene Kiev, mentre quella contro l'Ucraina si esprime con la pura violenza, come da oltre 500 giorni a questa parte: con i missili lanciati sulla capitale (invano, perché tutti sono stati abbattuti dalla contraerea) e contro la città di Zaporizhzhia, nel tentativo criminale ma anch'esso vano di spezzare il morale del popolo ucraino versando il sangue dei civili. Non ha funzionato finora, non funzionerà mai.

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