Roma - L'aveva promesso e l'ha fatto. Le dimissioni da senatore di Augusto Minzolini sono state presentate ieri mattina alla presidenza di Palazzo Madama. Aveva parlato di lunedì, dopo il voto del 16 marzo, con il quale l'aula del Senato ha respinto la sua decadenza secondo la legge Severino per la condanna definitiva per peculato legata all'uso della carta aziendale quando era direttore del Tg1. La mossa è slittata di quale ora e già tutti gli stavano addosso, ma lui tranquillizza: «Ho presentato la lettera, perché sono una persona seria e non prendo lezioni da altri. Quello che ho fatto l'ho fatto per coerenza. Mi sono dimesso perché l'ho voluto io e non perché me lo hanno chiesto altri».
Adesso l'aula dovrà comunque approvarle o respingerle quelle dimissioni e, dopo le polemiche soprattutto del M5s sullo schieramento bipartisan che l'ha «salvato», l'esito non è affatto scontato. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha annunciato che «la Lega voterà a favore» delle dimissioni: «Ho raccolto in questi giorni - dice Minzolini - la solidarietà e la vicinanza di più colleghi parlamentari, anche di altri schieramenti. Adesso il Senato faccia quello che deve. Io intendo tornare al mio antico amore: il giornalismo. Ma considero importante l'esperienza vissuta da parlamentare». Sempre ieri Minzolini ha chiesto al tribunale di sorveglianza l'affidamento ai servizi sociali, presso la Comunità di Sant'Egidio. Il pg ha dato parere favorevole e, se nei prossimi giorni arriverà una risposta positiva, lavorerà in un istituto per anziani.
I grillini, intanto, cercano di accelerare il voto. Il capogruppo Carlo Martelli chiede al presidente del Senato Pietro Grasso di calendarizzare subito in aula la votazione sulle dimissioni. «Se i partiti - dice - che hanno salvato Minzolini dalla decadenza, come il Pd dei renziani, Fi, la Lega di Salvini, dovessero respingere le sue dimissioni dimostreranno ancora una volta la loro volontà di mantenere Minzolini a Palazzo Madama. Sarebbe un secondo sfregio ai cittadini, dopo la plateale non applicazione della legge Severino. Ricordiamo che ogni mese continua a percepire soldi pubblici (circa 17mila euro ogni mese), nonostante sia stato condannato e interdetto sin dal 12 novembre 2015».
La replica al M5s arriva dal senatore di Fi Lucio Malan, che loda il gesto di Minzolini come «l'ultimo atto coraggioso di un uomo colpito ma mai affondato da un certo tipo di magistratura». E aggiunge: «Si è rimesso alla volontà dell'aula sul tema della sua decadenza e, nonostante abbia ottenuto voti a favore della sua permanenza, si è dimesso. Ora voglio proprio vedere di cosa parleranno i grillini, troppo abituati a criticare gli altri e poco avvezzi a guardare dentro casa propria». Un altro azzurro, Simone Furlan, si augura che l'aula rifiuti la lettera di dimissioni, «così da dare un'altra lezione a quei benpensanti che vorrebbero distruggere le persone solo per antipatie personali». Anche tra i dem c'è chi si espone in difesa del senatore. Scrive su Facebook Massimo Mucchetti del Pd: «Il caso Minzolini sta facendo emergere i cattivi umori di quella sinistra che si rifiuta di discutere le ragioni di chi, da sinistra, non ha votato la decadenza del senatore di Fi.
Intendiamoci, la parte più rilevante di questo lato dello schieramento politico, pur approvando la decadenza di Minzolini, dialoga con chi la pensa diversamente. Ma un'altra parte reagisce offendendo attraverso mail grondanti odio, non di rado anonime».
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