Il miracolo dell'anziano che ha vissuto tre giorni dentro un tombino

Un pensionato di Padova dato per disperso. Era caduto per recuperare le chiavi: salvato

Il miracolo dell'anziano che ha vissuto tre giorni dentro un tombino

Ha vissuto tre giorni di buio assoluto, per tre giorni è stato un missing, uno scomparso. Avevano già diffuso la sua descrizione, un ritratto domestico, il profilo di un tranquillo pensionato di 76 anni inghiottito da un buco nero del suo abituale universo che ruota intorno alle solite cose, ai soliti orari, ai soliti contatti, ai soliti posti: «È alto un metro e 70, pesa una settantina di chili, indossa una t-shirt chiara, jeans a pinocchietto, ciabatte di plastica blu (tipo Crocs), occhiali da sole»... Le figlie, angosciate, avevano lanciato l'allarme già mercoledì scorso, non avendo avuto sue notizie da un po', e subito nella sua Montegrotto Terme, in provincia di Padova, si era messa in moto la macchina affannosa delle ricerche. Infruttuose, però, ovunque si estendessero, battendo i luoghi da lui frequentati, come a esempio i colli di Villa Draghi e San Daniele. Anche i soccorritori brancolavano, come lui, nel buio. Eppure la soluzione era lì, a due passi da casa...

Adesso che le peggiori ipotesi sono state scongiurate, adesso che Giuseppe Fasanaro lo stanno curando all'ospedale di Abano Terme perché è disidratato e si è procurato un trauma cranico e alcune fratture da caduta, viene da pensare a quanto sappia essere grottesco e capriccioso il Caso, e a quanto la soluzione di un altro tipo di caso, quello di una cronaca potenzialmente nera, possa talvolta essere vicina, a portata di mano, mentre ci si arrabatta a cercarla chissà dove, spinti dal pessimismo e dalla presunzione di colpevolezza con cui sempre, e non a torto, guardiamo il mondo che ci gira intorno. E viene da pensare anche al famoso racconto di Edgar Allan Poe, La lettera rubata, in cui la compromettente lettera in questione che tutti cercano ovunque è anch'essa lì, più o meno dove stava prima che andasse in scena il dramma, nello studio del diretto interessato.

Perché il povero Giuseppe Fasanaro era semplicemente precipitato, con un volo di pochi metri, in quella che gli addetti ai lavori dell'edilizia chiamano «bocca di lupo» (nome inquietante di suo, fra l'altro, proprio come i racconti di Poe), cioè in una apertura di aerazione per locali interrati. I locali del suo palazzo, lì, a pochi metri dalla sua abitazione. Alcuni passanti lo hanno notato ieri mattina, o forse hanno avvertito i suoi flebili lamenti provenire dalla prigione, e hanno subito avvertito i carabinieri. I quali poi, con l'ausilio del soccorso alpino di Padova, lo hanno riportato finalmente alla luce. E, a proposito del Caso di cui dicevamo, pare che l'uomo sia finito lì dentro proprio mentre cercava le chiavi di casa. Che forse gli erano cadute in quell'antro. Dove per fortuna non si annidava un'insidia letale come il clown assassino Pennywise di It, il capolavoro dell'orrore di Stephen King.

Ciò tuttavia non cancella la paura

mortale sicuramente provata da Giuseppe Fasanaro, quella di restare laggiù, sepolto vivo, per sempre. Anche se ora, una volta uscito dall'ospedale, potrà raccontare a tutti, con un brivido, le sue memorie dal sottosuolo.

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