E siamo a undici: sette tra Roma città e la provincia, due nel Viterbese, uno nel Reatino, mentre l'ultimo degli anonimi pacchi esplosivi è arrivato martedì in Lombardia, a Cologno Monzese. Stavolta a ricevere per posta l'ordigno rudimentale nascosto in una scatola di legno, nel primo pomeriggio di martedì è stato il destinatario, un informatico italiano 59enne che gestisce un sito web e che, seppur da molti anni residente nel Milanese, è originario di Agropoli, nel Salernitano. Come sempre sull'involucro non c'erano timbri postali e quindi, come negli altri casi, non si sa da dove sia stato spedito. Il mittente del pacco (naturalmente fittizio) in questo caso però era proprio il comune di origine del 59enne, Agropoli. Un elemento questo che ha incuriosito non poco l'informatico.
«Ero un po' titubante nell'aprirlo perché sapevo di non aver ordinato nulla per posta e ho visto inoltre che il pacco non era nemmeno simile a quello di un corriere, ma il mittente era il comune del luogo dove sono nato, quindi ho iniziato a scartarlo. Quando ho notato quella scatola di legno che spuntava dalla carta, ho capito però che c'era qualcosa di anomalo, mi sono bloccato e ho afferrato il telefono per chiamare il 112» ha spiegato lui stesso ai carabinieri del comando provinciale di Milano. Che, poco dopo essere giunti sul posto, hanno preso in consegna il plico esplosivo, collegato al solito ordigno ben fatto ma artigianale (e comunque, come sempre, costruito non per uccidere, ma al massimo per ferire, per ustionare) e lo hanno fatto brillare. Naturalmente prima della deflagrazione i militari hanno verificato che sull'involucro esterno (stessa carta, stessa calligrafia) non ci fosse, come al solito, alcun timbro postale. Si è sempre detto infatti che i pacchi erano stati spediti da Roma, ma la realtà è che non si sa da dove provengano.
La mano - e questa è la sola certezza - è però sempre la stessa e, almeno in apparenza, sembrerebbe aver poco o nulla a che fare con l'eversione anarchica e tanto meno con il terrorismo, pista principe della Procura di Roma che finora si è occupata dell'inchiesta. Intanto però - sempre in stretto contatto con il Ros e l'Ucigos di Roma guidati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale (a capo del pool antiterrorismo) e dal sostituto Francesco dall'Olio - anche sotto la Madonnina al momento l'indagine viene seguita dal Dipartimento antiterrorismo guidato dal pm Alberto Nobili che coordina il Ros di Milano e il nucleo informativo dei carabinieri.
Al momento non si esclude nulla. Sarebbe infatti superficiale, anche se suggestivo, credere all'ipotesi investigativa di un Unabomber, un folle isolato che, magari dando un'occhiata su Facebook a contatti e amicizie a casaccio, spedisce pacchi esplosivi per posta in giro per l'Italia a ignari e «incolpevoli» destinatari, approfittando del caos e dell'incertezza creati dall'esplosione dell'epidemia del Coronavirus.
Gli inquirenti capitolini sembrano propensi invece a legare questi undici involucri deflagranti al pacco bomba indirizzato al ministero dell'Interno e disinnescato dagli artificieri della polizia all'ufficio di smistamento delle Poste dell'Ostiense il 4 dicembre scorso.
Mittente del congegno - che se fosse esploso, sostengono gli artificieri e l'Antiterrorismo, avrebbe potuto uccidere - un sedicente movimento che si firmò Nemici dello Stato, risultato fittizio. Finora il gesto non è mai stato rivendicato, esattamente come gli 11 pacchi bomba. E se in piazzale Clodio li mettono in relazione, ci sarà pure una ragione...
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