L'Europa flessibile dei cerchi concentrici

Per noi Conservatori, fautori di una visione confederale, il principio guida rimane quello del "valore aggiunto europeo"

L'Europa flessibile dei cerchi concentrici
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Caro direttore

L'Unione europea attraversa un tempo particolarmente burrascoso e il professor Giovanni Orsina, con il suo pezzo di ieri, ha lucidamente e coraggiosamente messo in luce l'insufficienza di una risposta turbo-europeista alle sfide del presente e del futuro.

Oggi l'Ue si presenta al mondo senza un'anima, divisa e irrilevante. Ha un grande mercato unico ma paga la miopia delle élite autoproclamatesi europeiste, che con le loro scelte - quelle assunte e quelle rinviate - ne hanno aggravato le dipendenze e minato la competitività. A ben vedere, se oggi l'Ue appare a tratti impotente, lo è perché dipende sul piano militare dal tradizionale ombrello statunitense, su quello energetico da fornitori esterni (prima dalla Russia, oggi da altri) e su quello tecnologico dalle grandi piattaforme americane e dalle materie prime cinesi. Non solo: quelle stesse élite hanno cavalcato la globalizzazione pensando che il ruolo dell'Europa nel mondo fosse quello di piattaforma commerciale in mezzo tra Cina e Stati Uniti e hanno finito per dilapidarne il patrimonio industriale e manifatturiero. Non paghi, hanno inflitto il colpo di grazia ai produttori europei a suon di iper-regolamentazione e di cervellotiche norme green che ci consegnano mani e piedi a Pechino. Oggi gli stessi fautori di questa disfatta si spellano le mani leggendo il rapporto Draghi, i cui numeri impietosi li inchiodano alle loro stesse responsabilità, e ci propinano la stessa ricetta di sempre: "più Europa". In gergo europeo, "ever closer Union": un'Unione sempre più stretta. Che per loro vuol dire superamento dell'unanimità a tutti i livelli e ancora più poteri alla Commissione europea, cioè all'organo con la minore legittimazione democratica tra i tre apicali, e alla sua burocrazia. I limiti storici e attuali di questa ricetta, nonché il suo utilizzo ideologico e spesso strumentale, sono stati ben delineati da Orsina. È però vero che chi si oppone alla visione federalista (per un paradosso lessicale si definisce "federalismo europeo" il processo di accentramento di poteri a Bruxelles, anziché la loro devoluzione dal centro ai territori) non può limitarsi a dire No e ha il dovere di immaginare concretamente un modello diverso di Europa. Un modello che deve fare i conti con due ulteriori fattori: da un lato la necessità di processi decisionali più rapidi, che ci consentano di tenere il passo con una democrazia decidente come gli Usa di Trump e con le autocrazie come la Cina di Xi; dall'altro il processo di ulteriore allargamento, che ha ragioni geopolitiche evidenti ma che deve essere gestito con saggezza per evitare che si trasformi - Ucraina in primis - in un fattore deflagrante. Recentemente Viktor Orbán ha formulato una proposta alternativa: quella di un'Europa a cerchi concentrici, in cui ciascun Paese sceglie il livello di condivisione che ritiene consono per sé nella futura architettura europea (unione politico-costituzionale, moneta unica, mercato unico e spazio Schengen, difesa e sicurezza) anziché essere destinati tutti, sia pur in tempi diversi, a un unico approdo centralista, come previsto in altri progetti del passato. Un interessante contributo al dibattito.

Per noi Conservatori, fautori di una visione confederale, il principio guida rimane quello del "valore aggiunto europeo": non si decida a Bruxelles quello che può essere meglio deciso nelle capitali nazionali; si condivida a livello europeo soltanto ciò che può funzionare meglio se fatto insieme. Con buona pace dei "più Europa", cosa condividere e con chi sarà il tema di un dibattito da aprire con coraggio e realismo.

*Capodelegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento europeo e vice presidente di Ecr

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