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Monito di Draghi ai falchi: "Debito comune necessario alla Ue"

L'ex premier: "Chi non è d'accordo nega gli obiettivi comuni, ma in gioco c'è la nostra libertà"

Monito di Draghi ai falchi: "Debito comune necessario alla Ue"
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«La paralisi non è più tenibile, l'integrazione è l'unica speranza che ci resta», Mario Draghi striglia la Germania e la truppa dei paesi frugali davanti al parlamento dell'Unione europea di Strasburgo. L'ex premier ed ex presidente della Banca centrale europea ha ripresentato ieri il suo piano per la competitività europea basato su investimenti da 800 aggiuntivi miliardi l'anno, facendo ricorso anche all'arma dell'indebitamento comune. Un aspetto che, tuttavia, vede l'aperta ostilità di Berlino e compagnia. «Se qualcuno non è d'accordo con l'idea di creare un mercato, non è d'accordo con l'integrazione dei mercati dei capitali, non è d'accordo con l'emissione del debito, allora non si è d'accordo con gli obiettivi dell'Unione europea», è la stoccata di Draghi.

Agli europarlamentari l'ex banchiere centrale ha ribadito che gli investimenti necessari per evitare il declino del continente rispetto a Usa e Cina richiedono sia una maggiore integrazione dei mercati finanziari europei sia l'intervento pubblico a livello Ue. Investire in reti energetiche, in competitività, nella difesa, questa è l'urgenza: «L'obiettivo non è indebitarsi per una spesa governativa generica o per sussidi, ma per finanziare obiettivi definiti, già decisi». Insomma, un po' come avvenuto per il Next Generation Eu.

«Siamo tutti ansiosi per il futuro dell'Europa. La mia preoccupazione non è che ci ritroveremo più poveri o che saremo sottomessi agli altri. Abbiamo ancora molti punti di forza in Europa. È che col tempo diventeremo inesorabilmente meno prosperi, meno uguali, meno sicuri e, di conseguenza, meno liberi di scegliere il nostro destino».

Tra gli intenti del piano di Draghi, commissionatogli dalla neo riconfermata presidente della Commissione Ursula von der Leyen, c'è quello di «riportare l'innovazione in Europa». Del resto, in molti settori - dalla tecnologia all'industria automobilistica e della transizione energetica - il Vecchio continente è rimasto indietro rispetto alle altre superpotenze, un gap che si deve necessariamente ricucire. «Ci sono ancora altri settori», ha proseguito Draghi, «come le batterie, in cui non vogliamo dipendere completamente dalla tecnologia straniera per ragioni strategiche, e quindi dobbiamo mantenere il know-how in Europa».

Da vedere, ora, se il muro tedesco - che vede tra i maggiori ostacoli il ministro tedesco Christian Lindner - continuerà a reggere o se il nuovo corso porterà alle prime aperture: «L'Unione Europea esiste per garantire che i valori fondamentali dell'Europa

siano sempre rispettati: democrazia, libertà, pace, equità e prosperità in un ambiente sostenibile. Se l'Europa non garantisse più questi valori per il suo popolo, avrebbe perso la sua ragione d'essere», ha concluso Draghi.

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