Il monito al governo a tenere giù le mani dalle fondazioni, la loro autonomia «è il Rubicone da non oltrepassare» perchè il potere pubblico «deve rispettare i corpi intermedi, quando questi sono fragili la democrazia è a rischio». Giuseppe Guzzetti lo ha ripetuto più volte ieri sul palco della Scala di Milano dove ha celebrato il suo addio alla Fondazione Cariplo davanti a 1.800 invitati insieme ai bambini del Coro delle voci bianche e ai detenuti del carcere di San Vittore che hanno cantato il «Va pensiero» del Nabucco di Verdi.
«La legge ci mette al riparo, ma mi auguro che in caso di attacco da parte della politica il primo nostro alleato sia l'opinione pubblica e di tutti quelli che conoscono quello che siamo e quello che facciamo». E ancora: «Lo Stato non può fare tutto da solo», il Terzo settore «non è più qualcosa che viene dopo lo Stato e il mercato, è qualcosa che va al di là dei vecchi perimetri e contribuisce a realizzare il pluralismo e la sussidiarietà che sono fondamentali per la nostra democrazia».
Nessun riferimento diretto alla Lega ma non è passata inosservata la citazione di papa Francesco quando dice che «la paura è l'inizio della dittatura», ecco perchè «bisogna dare risposte al governo del Paese, non giocare con la paura». Un nodo quello della paura sociale che secondo Guzzetti «nasce dal fatto che qualcuno invece di affrontare i problemi li sfrutta per guadagnare consenso», ma in questo modo «non si affrontano i problemi, al contrario si genera un paese rabbioso e litigioso». E poi il futuro, ovvero i giovani. Il patron delle fondazioni cita Simone, il quindicenne di Torre Maura che da solo ha affrontato «i fascisti per gridare loro in faccia che non si cavalcano le paure della gente». E a questi giovani, «la Fondazione ha cercato di dare risposte» perché un problema come quello della migrazione e dell'integrazione merita risposte complesse e non strumentalizzazioni: tutti noi dobbiamo farci un esame di coscienza, non si scherza col fuoco che appiccato può anche sfuggire».
Di politica, del resto, Guzzetti se ne intende: nato a Turate, un piccolo paesino della provincia di Como al confine con l'estremità Sud della provincia di Varese, dove i cattolici sono stati componente egemonica della società per decenni e tutt'uno con la Democrazia Cristiana. Ama definirsi un avvocato di campagna, si è laureato in giurisprudenza alla Cattolica di Milano, lontano dai salotti e dagli eventi mondani. Iscritto alla Dc nel 1953, all'età di diciannove anni, è stato prima segretario della federazione di Como, poi presidente della Regione Lombardia per otto anni e infine senatore della Repubblica per due legislature. Nel 1985, raccontava di sé in terza persona: «In quindici anni di impegno coerente per la Lombardia ha sviluppato il rilancio degli interessi della Lombardia nei rapporti nazionali e con l'Europa». Forse per questo Ciriaco De Mita, lo chiamava proto leghista.
L'evento di ieri alla Scala, battezzato «Futuro (per il) prossimo», è servito anche per tracciare il bilancio di ventidue anni al vertice della Cariplo. Quasi 25 mila progetti finanziati, di cui poco meno nel settore «Arte e cultura», più di 9.500 per i servizi alla persona, 2.264 a favore dell'ambiente e quasi altrettanti in ricerca scientifica. Complessivamente fanno 3 miliardi erogati e finiti sul territorio, secondo la vocazione tipica delle Fondazioni.
Bocche cucite sul nome del suo successore (lo sceglieranno i 28 membri della nuova Commissione centrale di beneficenza che si insedierà il 14 maggio), «ma di una cosa sono certo», ha concluso, «il post Guzzetti sarà meglio del Guzzetti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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