Casa di Montecarlo, chiesti 8 anni di carcere per Fini e Tulliani

La Procura: 9 anni per la Tulliani sulla vicenda della casa. Lei: "Gli nascosi l'origine dei soldi"

Casa di Montecarlo, chiesti 8 anni di carcere per Fini e Tulliani
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Si siede tremante davanti ai giudici della quarta sezione del Tribunale di Roma, dove è imputata per riciclaggio con il fratello, il padre e il suo compagno Gianfranco Fini e - poco prima della requisitoria del pm che ha chiesto 8 anni di carcere per l'ex presidente della Camera - per la prima volta da quando nel 2010 è scoppiato lo scandalo della casa di Montecarlo, Elisabetta Tulliani ammette quasi in lacrime di aver nascosto a Fini la volontà di comprare l'appartamento e la provenienza del denaro usato dal fratello per acquistarlo.

Quando il processo per l'affaire immobiliare smascherato da il Giornale e legato alla compravendita della casa di boulevard Princesse Charlotte è arrivato quasi al capolinea, la compagna di Fini lancia un assist all'ex leader di An, il partito che ha svenduto l'immobile ereditato dalla contessa Colleoni al cognato di Fini, Giancarlo Tulliani, che lo ha acquistato con il denaro del re delle slot Francesco Corallo e successivamente rivenduto con un'importante plusvalenza. «Dopo un lungo travaglio interiore sento l'obbligo morale di dare un contributo alla verità», dice ai giudici la Tulliani spiegando di non aver parlato prima per non turbare le figlie adolescenti. «Non posso continuare a tacere, sento il dovere di confessare le mie responsabilità: ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo e poi la successiva vendita e accettare parte dell'operazione come una restituzione di un prestito da parte di Giancarlo. E non gli ho mai parlato della provenienza del denaro che ero convinta fosse di mio fratello, il cui comportamento spregiudicato rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita», confessa. Se la sbriga in pochi minuti, leggendo su un foglietto e scusandosi per l'emozione. Poi va via senza ascoltare la requisitoria e le richieste del pm Barbara Sargenti: 9 anni per lei e 8 anni per l'ex presidente della Camera per riciclaggio sui proventi delle società di Corallo.

Per il fratello Giancarlo, che nel 2008 ha acquistato la casa di Montecarlo attraverso società off-shore per poco più di 300mila euro per poi rivenderla nel 2015 a un milione e 360mila dollari - e che oggi è latitante a Dubai in attesa di estradizione - la Procura ha chiesto 10 anni. Cinque anni per il padre Sergio Tulliani. Mentre l'avvocatura generale dello Stato ha sollecitato l'assoluzione per l'ex esponente di An. Pene pesanti, nonostante la scorsa udienza fosse stata dichiarata la prescrizione per l'accusa di associazione a delinquere, essendo stata esclusa l'aggravante della transnazionalità. L'ex presidente della Camera ha sempre respinto ogni accusa, giurando di essere all'oscuro di tutto e sostenendo poi di essere stato ingannato dalla compagna e dai suoi familiari, che avrebbero insistito perché mettesse in vendita l'immobile, senza sapere che facessero parte della società interessata ad acquistarlo. Quando il Giornale cominciò a scoprire le magagne, Fini giurò che si sarebbe dimesso se fosse emerso che dietro alla off-shore che acquistò la casa c'era il fratello di Elisabetta. La prova arrivò, le dimissioni no. Anche se lo scandalo assestò ugualmente un brutto colpo alla sua carriera politica. «Cerco di capire cosa c'entro io con tutto ciò», commentava ieri Fini mentre il pm ricostruiva i passaggi del presunto riciclaggio. Reato contestato anche per la casa di Montecarlo, che il pm definisce la vicenda «più emblematica» del processo, finita anche al centro di un'altra indagine, che venne poi archiviata dalla Procura di Roma. «Perché era ancorata al reato di truffa e quindi trattata come tale», spiega il pm. Inverosimili, per l'accusa, le dichiarazioni della Tulliani sulle somme erogate dal fratello come ristoro per i danni all'immagine derivanti dalla casa di Montecarlo.

Dopo le richieste, Fini mantiene il suo

aplomb: «Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna, continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi». Il prossimo 18 aprile la sentenza.

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