Moody's & C. I gufi del rating ci riprovano

È come riavvolgere il film e tornare a quell'estate del 2011, ultima dell'ultimo governo Berlusconi

Il logo di Moody's alla sede di New York dell'agenzia di rating
Il logo di Moody's alla sede di New York dell'agenzia di rating

È come riavvolgere il film e tornare a quell'estate del 2011, ultima dell'ultimo governo Berlusconi. Le tensioni con la Germania della Merkel, quelle con la Banca centrale europea che minaccia di commissariare, le agenzie internazionali, Moody's in testa, che ci declassano o ci bastonano politicamente, la crescita sottozero e altre grane simili. In punta di verità, la situazione di allora era addirittura meno compromessa di quella attuale. In tre anni di governi assurdi (e non eletti), sono peggiorati tutti gli indicatori dell'economia reale, nessuno escluso. A far precipitare le cose, nel 2011, non fu la gravità oggettiva della situazione, ma la volontà politica della sinistra, del Quirinale e di alcune cancellerie europee di fare cadere il governo di centrodestra e liberarsi per sempre di Berlusconi. Il Sole24Ore , rompendo il suo tradizionale aplomb, arrivò a titolare a tutta pagina: «Fate presto», dando forza e autorevolezza al complotto in atto e fiato ai giornaloni interessati a fare cadere il governo.

Fummo i soli, in quell'estate, a invocare l'unità di tutto il Paese attorno all'esecutivo come risposta alle pressioni internazionali e alle scorribande interessate delle agenzie di rating. Ci additarono come pazzi al soldo di un premier, Berlusconi, politicamente in difficoltà. Talmente falso che oggi, a parti inverse (è il governo di sinistra a fare acqua), non abbiamo cambiato idea. A Moody's e alla Merkel si risponde con una voce sola, e poco importa, al momento, se abbia l'accento toscano o brianzolo. Siamo e saremo sempre per la difesa assoluta della sovranità nazionale, a qualsiasi prezzo. Meglio malconci ma liberi, che curati da servi. Per questo apprezziamo che Berlusconi, a differenza di quanto fece Bersani con lui nel 2011, non stia abbandonando Renzi - e quindi l'Italia - al suo destino in cambio di qualche possibile vantaggio politico o elettorale. Sarebbe una visione cinica e miope, come dimostra il fatto che oggi Bersani è a passeggiare ai giardinetti e Berlusconi in cabina di regia a cointestarsi le prime riforme.

Quelli di Moody's saranno anche scienziati dell'economia, ma ne hanno combinate di tutti i colori, compreso non accorgersi in

tempo che il mondo (il loro mondo) stava andando a rotoli. Il taglio delle stime vale per quello che è: il parere di chi gufa per mettere le mani sull'Italia. E fare ancora un po' di bilioni a spese di noi poveri cristi.

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