Morte lenta e atroce: «Torturati e mutilati senza colpo di grazia»

L'autopsia rivela la fine dei 9 connazionali Nuovo video Isis: «Tutto questo si ripeterà»

Luigi Guelpa

I nove italiani uccisi a Dacca sono andati incontro a una morte lenta e atroce. Lo rivelano i primi risultati delle autopsie effettuate ieri al Policlinico Gemelli di Roma. Sui loro corpi ci sono evidenti segni di tortura e di tagli provocati da armi affilate. E poi mutilazioni in più parti del corpo, tracce di proiettili e di esplosivo. Completati gli accertamenti autoptici, svolti dai medici legali Vincenzo Pascali e Antonio Oliva, il pm Francesco Scavo ha firmato il nulla osta per restituire le salme alle famiglie.

L'autopsia smentisce in maniera categorica quanto riferito nei giorni scorsi dal ministro degli Interni del Bangladesh Asaduzzaman Khan, che aveva rivelato come gli ostaggi fossero stati giustiziati nei primi venti minuti del blitz jihadista. Purtroppo l'Holey Artisan Bakery si è trasformato per i nostri connazionali e per gli altri ostaggi in una spaventosa sala di tortura, mentre i carnefici si alternavano sulle vittime concedendosi persino qualche pausa sigaretta sul terrazzo del locale. Assieme al professor Hasnat Karim, docente di quattro uomini del commando, ostaggio sui generis, liberato cinque minuti prima del blitz delle teste di cuoio. Un blitz annunciato incautamente dalle televisioni locali.

Come se non bastasse la voce della jihad torna a farsi sentire. Dall'Isis tuonano, «è stato solo un assaggio. Presto tutto questo si ripeterà». Frasi che aggiungono ulteriore inquietudine al clima di terrore e che lasciano il segno. È la sintesi del nuovo video diffuso dal Califfato islamico. L'ulteriore rivendicazione jihadista dei fatti di Dacca, dove giovedì scorso sono stati trucidati venti ostaggi, nove dei quali italiani. La cornice, tutt'altro che suggestiva, del filmato che da ieri sta girando persino su Youtube, è quella di Raqqa, roccaforte dell'Isis in Siria. Si vedono tre giovani che parlano bengalese ed elogiano il commando responsabile dell'attacco all'Artisan Bakery. I miliziani minacciano nuovi attentati contro i «crociati» e le «nazioni crociate». Parlano animatamente, con quella febbrile sete di vendetta e la delirante convinzione di combattere per una giusta causa. La soluzione finale, a loro dire, è di fronte a tutti, «è a un passo. La nostra furia omicida non si esaurirà fino a quando la shariah non sarà instaurata sull'intero pianeta». I tre giovani forniscono una loro chiave di lettura ai terribili fatti di Dacca: «La jihad che è appena arrivata in Bangladesh è stata promessa dal profeta Maometto. Fino ad allora non smetteremo di uccidere i crociati: vinceremo oppure moriremo come martiri. Non abbiamo nulla da perdere».

Ed è proprio partendo da questa ultima espressione che gli inquirenti bengalesi stanno triplicando gli sforzi per assicurare alla giustizia i miliziani sopravvissuti all'assalto delle teste di cuoio e i loro complici. Il capo della polizia bengalese, Shahidul Haque, ha confermato che ieri sono proseguiti gli interrogatori dei parenti e dei familiari dei cinque terroristi del ristorante. La polizia non ha voluto fornire nessun dettaglio sui contenuti e sugli sviluppi degli indagini, anche se sta trapelando l'accusa di favoreggiamento per almeno due parenti dei jihadisti, al corrente di quanto stava per accadere. Una fonte vicina al ministero degli interni fa sapere che sarebbe finito nei guai il fratello di Shafiqul Islam Uzzal (terrorista ucciso nel blitz), Asadul. L'uomo avrebbe dovuto far parte del gruppo di tagliagole, ma all'ultimo momento si sarebbe tirato indietro, senza però avvisare le autorità competenti dell'imminente pericolo.

Il funzionario ha inoltre ricordato che sono stati liberati tre dei cinque ostaggi che erano stati fermati all'inizio delle indagini per essere interrogati. Al momento quindi le persone in stato di fermo sarebbero otto, tra i quali appunto Asadul, il fratello «pentito» del jihadista.

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