"Morti in mare? Non è colpa del governo. Per questa sfida serve l'unità nazionale"

L'ex deputato pd italo-marocchino: "È una minaccia come il terrorismo. E l'azione delle Ong va regolata, l'ha fatto anche il ministro dem"

"Morti in mare? Non è colpa del governo. Per questa sfida serve l'unità nazionale"

«Credo sia presto per giudicare, ma finora il governo si è distinto per un approccio pragmatico ragionando di gestione dei flussi regolari collegate al mercato del lavoro, e interventi nei Paesi di partenza dei migranti per creare sviluppo e offrire nuove opportunità a che è costretto a cercare un futuro altrove». Khalid Chaouki, deputato dem fino al 2018 di origine marocchina naturalizzato italiano, già presidente dei Giovani musulmani, ha un giudizio diverso del governo Meloni rispetto al Pd di Elly Schlein.

Ritiene il governo responsabile delle morti in mare?

«Credo che sia ingiusto dare le colpe di queste tragedie al governo. Alcune dichiarazioni pubbliche andavano evitate, ma il dramma nel Mediterraneo non si è mai fermato nonostante le diverse missioni messe in campo. Serve un maggiore senso di unità nazionale di fronte a questa sfida epocale come si è fatto per la minaccia del terrorismo o altre emergenze. Andare in Libia e Tunisia con proposte concrete di cooperazione economica e migliore gestione dei centri attuali di accoglienza dei rifugiati insieme all'Onu. Continuare ad usare queste tragedie come strumento di lotta politica penso sia in primis irrispettoso verso quelle vittime del mare che tutti vorrebbero salvare».

Il decreto Ong è sbagliato?

«Certamente l'azione delle Ong andava regolamentata come aveva già iniziato a fare il ministro Minniti. Oggi ci sono alcune Ong straniere molto ideologizzate che non hanno rispetto per l'instancabile lavoro della nostra Guardia Costiera che è stata riconosciuto nel mondo per la sua opera nella salvezza di migliaia di vite umane. Ovviamente alcune correzioni vanno fatte così come è sbagliato sempre generalizzare».

C'è un rischio islamizzazione per la Tunisia?

«Io scendo spesso in Tunisia e, purtroppo, la situazione economica è drammatica. Ciononostante, la popolazione nella sua maggioranza continua a sostenere le decisioni del presidente Saied in campo di lotta alla corruzione e tentativo di arginare i rischi portati avanti dalle formazioni islamiste nei governi passati soprattutto con l'adesione di migliaia di giovani tunisini all'Isis».

La presenza della Wagner in Libia favorisce l'immigrazione clandestina?

«Penso non ci sia un collegamento diretto tra la presenza di Wagner in Libia e la crescita dei flussi migratori soprattutto dalla Cirenaica. Tale presenza oggi preoccupa tantissimo gli Usa e perciò, finalmente, la Missione Onu in Libia sta avanzando a passi veloci, per costringere i libici ad un processo democratico verso la stabilizzazione della Libia».

Ripristinare l'Operazione Sophia può essere una soluzione?

«Rimarrà sempre un tampone rispetto ai milioni di giovani africani e asiatici alla ricerca di futuro in Europa.

Le risorse dell'Europa devono essere investite nella formazione di questi giovani e l'apertura di canali legali di migrazione nel mercato europeo del lavoro. Il Piano Mattei credo sia uno stimolo utile a tutta l'Ue in questo momento».

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