Coronavirus

Morti da virus, Italia spaccata. A Bergamo +567%, Roma -9%

L'Iss: a marzo boom di decessi al Nord rispetto ai 5 anni precedenti. Il Covid ha ucciso più di ogni altra malattia

Morti da virus, Italia spaccata. A Bergamo +567%, Roma -9%

Bergamo più 567 per cento, Roma meno 9. Bastano queste due cifre, che indicano la percentuale di mortalità nel mese di marzo 2020 rispetto alla media dei 5 anni precedenti, per capire come il coronavirus abbia aggredito in modo diverso le comunità del nostro territorio. Non a caso l'analisi dell'Istituto Superiore di Sanità realizzata incrociando i dati con quelli dell'Istat divide l'Italia in tre rispetto alla diffusione del Covid 19 che ha colpito duramente il Nord ed ha avuto invece una diffusione media al Centro e bassa al Sud. Si evidenzia anzi come la valutazione dell'impatto del Sars Cov 2 sulla popolazione sia più chiara guardando ai dati per provincia come appunto nel caso di Bergamo, la più colpita. Emergono anche altri dati importanti per capire l'andamento dell'epidemia e il suo effetto sulla salute degli italiani.

Il primo caso italiano di Covid-19 viene segnalato in Lombardia il 20 febbraio 2020: la trasmissione del virus è stata locale a parte i primi 3 casi importati dalla Cina a fine gennaio 2020. Nonostante l'istituzione delle zone rosse ed il lockdown dai primi giorni di marzo, le curve dell'epidemia e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo alla fine del mese. Il confronto tra i decessi totali e Covid 19 del 2020 con i decessi di marzo 2017 mostra come nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, il numero di morti di Covid-19 con diagnosi confermata sia superiore a quello per altre malattie come il diabete, le demenze e la malattia di Alzheimer. A metà dello stesso mese il numero di morti Covid-19 supera i decessi causati dall'insieme delle malattie respiratorie e dei tumori. In una ventina di giorni i decessi quotidiani per Covid 19 superano il numero giornaliero di morti per tutte le cause nel marzo 2017.

Dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 sono 25.354 i morti in più rispetto alla media. I decessi accertati per Covid sono 13.710. Ma altri 11.600 morti potrebbero forse essere correlati all'emergenza. Casi soltanto «sospetti» perché non è stato eseguito il tampone o anche perché collegati indirettamente all'emergenza Covid 19 che ha causato una crisi del sistema ospedaliero. A livello nazionale siamo passati da 65.592 decessi (media periodo 2015-2019) a 90.946 con un più 49,4 per cento. Sugli oltre centomila casi registrati in Italia più della metà sono donne, il 52,7, ma i dati confermano che la letalità riguarda soprattutto gli uomini ad eccezione della fascia 0-19 anni, dove però i casi sono pochissimi. Tre vittime su dieci soffrivano di almeno un'altra patologia.

A pagare l'altissimo prezzo di vite umane sono quelle province del nord dove il virus ha evidentemente galoppato indisturbato prima di essere individuato: Bergamo, certo, ma anche Cremona, più 391 per cento; Lodi, piu 371; Brescia, più 291; Piacenza, più 264; Parma, più 208; Lecco più 174; Pavia, più 133; Mantova, più 122; Pesaro e Urbino, più 120. Anche Milano paga un prezzo altissimo: più 92,6 per cento.

Dietro quelle cifre ci sono volti e anime. Ci sono i nonni ospitati nelle Rsa, gli operatori sanitari, gli zii, i genitori. Piccole comunità familiari e sociali cancellate da un virus che non ha concesso loro neppure il conforto di morire assistiti dai propri cari. È qui, nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, che si concentra il 91 per cento dell'eccesso di mortalità. Nell'insieme di queste province dove la diffusione del virus è stata altissima i morti sono passati da 26.218 a 49.351, dunque 23.133 morti in più dei quali 12.156 Covid.

L'eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: 2,3 volte in più tra il 20 febbraio e il 31 marzo.

Commenti