Morti da virus, Italia spaccata. A Bergamo +567%, Roma -9%
5 Maggio 2020 - 06:00L'Iss: a marzo boom di decessi al Nord rispetto ai 5 anni precedenti. Il Covid ha ucciso più di ogni altra malattia
Bergamo più 567 per cento, Roma meno 9. Bastano queste due cifre, che indicano la percentuale di mortalità nel mese di marzo 2020 rispetto alla media dei 5 anni precedenti, per capire come il coronavirus abbia aggredito in modo diverso le comunità del nostro territorio. Non a caso l'analisi dell'Istituto Superiore di Sanità realizzata incrociando i dati con quelli dell'Istat divide l'Italia in tre rispetto alla diffusione del Covid 19 che ha colpito duramente il Nord ed ha avuto invece una diffusione media al Centro e bassa al Sud. Si evidenzia anzi come la valutazione dell'impatto del Sars Cov 2 sulla popolazione sia più chiara guardando ai dati per provincia come appunto nel caso di Bergamo, la più colpita. Emergono anche altri dati importanti per capire l'andamento dell'epidemia e il suo effetto sulla salute degli italiani.
Il primo caso italiano di Covid-19 viene segnalato in Lombardia il 20 febbraio 2020: la trasmissione del virus è stata locale a parte i primi 3 casi importati dalla Cina a fine gennaio 2020. Nonostante l'istituzione delle zone rosse ed il lockdown dai primi giorni di marzo, le curve dell'epidemia e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo alla fine del mese. Il confronto tra i decessi totali e Covid 19 del 2020 con i decessi di marzo 2017 mostra come nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, il numero di morti di Covid-19 con diagnosi confermata sia superiore a quello per altre malattie come il diabete, le demenze e la malattia di Alzheimer. A metà dello stesso mese il numero di morti Covid-19 supera i decessi causati dall'insieme delle malattie respiratorie e dei tumori. In una ventina di giorni i decessi quotidiani per Covid 19 superano il numero giornaliero di morti per tutte le cause nel marzo 2017.
Dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 sono 25.354 i morti in più rispetto alla media. I decessi accertati per Covid sono 13.710. Ma altri 11.600 morti potrebbero forse essere correlati all'emergenza. Casi soltanto «sospetti» perché non è stato eseguito il tampone o anche perché collegati indirettamente all'emergenza Covid 19 che ha causato una crisi del sistema ospedaliero. A livello nazionale siamo passati da 65.592 decessi (media periodo 2015-2019) a 90.946 con un più 49,4 per cento. Sugli oltre centomila casi registrati in Italia più della metà sono donne, il 52,7, ma i dati confermano che la letalità riguarda soprattutto gli uomini ad eccezione della fascia 0-19 anni, dove però i casi sono pochissimi. Tre vittime su dieci soffrivano di almeno un'altra patologia.
A pagare l'altissimo prezzo di vite umane sono quelle province del nord dove il virus ha evidentemente galoppato indisturbato prima di essere individuato: Bergamo, certo, ma anche Cremona, più 391 per cento; Lodi, piu 371; Brescia, più 291; Piacenza, più 264; Parma, più 208; Lecco più 174; Pavia, più 133; Mantova, più 122; Pesaro e Urbino, più 120. Anche Milano paga un prezzo altissimo: più 92,6 per cento.
Dietro quelle cifre ci sono volti e anime. Ci sono i nonni ospitati nelle Rsa, gli operatori sanitari, gli zii, i genitori. Piccole comunità familiari e sociali cancellate da un virus che non ha concesso loro neppure il conforto di morire assistiti dai propri cari. È qui, nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, che si concentra il 91 per cento dell'eccesso di mortalità. Nell'insieme di queste province dove la diffusione del virus è stata altissima i morti sono passati da 26.218 a 49.351, dunque 23.133 morti in più dei quali 12.156 Covid.
L'eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: 2,3 volte in più tra il 20 febbraio e il 31 marzo.
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