Guerra in Ucraina

La mossa dello Zar nel disinteresse Usa. Quell'allarme inascoltato della Meloni

Il Cremlino approfitta della latitanza americana (e della Nato) per aprire un altro fronte e perseguire i suoi obiettivi geopolitici

La mossa dello Zar nel disinteresse Usa. Quell'allarme inascoltato della Meloni

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Il Memorandum sulla Via della Seta, disgraziata eredità dai Cinque Stelle, e i modi per uscirne, sarà anche stato l'argomento più spinoso dell'incontro di ieri tra Giorgia Meloni e Joe Biden alla Casa Bianca. Ma qualche spina tra le mani dell'anziano presidente l'ha lasciata anche la discussione su un continente africano trasformatosi, in queste ore, nella seconda linea dello scontro con Mosca. Perché se Giorgia Meloni ha poco da rimproverarsi nei rapporti con Pechino e può rivendicare un'estrema attenzione all'Africa, Joe Biden non può dire altrettanto. Il disimpegno Usa dal Continente Nero, iniziato quando Joe Biden era il vice di Barack Obama e continuato con Trump e l'attuale presidenza, sta dimostrando i suoi limiti e i suoi rischi. Rischi e limiti evocati da un governo Meloni che ha più volte accennato (come probabilmente fatto anche ieri dalla presidente del Consiglio) alla necessità di espandere all'Africa il raggio d'azione della Nato.

Ma quel che ieri sembrava un pallino geopolitico della Meloni è oggi sotto gli occhi di tutti. La cancellazione dell'accordo sul grano da parte di Mosca è solo il preludio di una strategia russa rivolta a intensificare la penetrazione in Africa. Una penetrazione le cui modalità economiche e geopolitiche sono al centro del summit Russia-Africa di San Pietroburgo durante il quale Vladimir Putin ha promesso a 17 capi di stato e a 45 delegazioni di reintegrare il grano ucraino, bloccato nei porti del Mar Nero, con quello russo. Grano regalato alle nazioni in difficoltà e venduto, ma a prezzi inferiori di quello ucraino, ai Paesi schierati con Mosca sullo scacchiere internazionale. «Nei prossimi mesi - ha detto Putin - garantiremo dalle 25 alle 50mila tonnellate di forniture gratis a Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centroafricana ed Eritrea». Una strategia di fronte alla quale Europa e Usa appaiono impreparati e inadeguati. La Polonia, principale via di passaggio alternativa ai porti del Mar Nero, teme una concorrenza dannosa per i propri agricoltori e si oppone al transito del grano ucraino.

Sul piano geo-strategico l'Occidente non dimostra certo maggiore lucidità. Il colpo di stato nel Niger, scattato proprio mentre i leader africani arrivavano a San Pietroburgo, ha tolto di mezzo l'ultimo alleato di Usa, Ue e Nato nel Sahel. E la comparsa di Evgeny Prigozhin, fotografato a margine del summit mentre stringe la mano a un diplomatico africano, alimenta - nonostante i dubbi sull'autenticità dello scatto - le voci di un coinvolgimento dei mercenari russi nel golpe di Niamey. Un golpe messo a segno nonostante la presenza nel Paese di un migliaio di soldati statunitensi e di 1.500 militari schierati da una Francia che dipende dall'uranio nigeriano per alimentare le proprie centrali nucleari. Il golpe di Niamey - arrivato dopo quelli in Mali e Burkina Faso ed accompagnato dall'incontenibile avanzata dei gruppi islamisti - sembra il preludio dell'ennesima uscita di scena occidentale e di una crescente influenza russa. Se l'azione della Wagner sul territorio nigeriano è ancora da dimostrare ben certa è, infatti, la presenza degli uomini di Prigozhin in Libia, nel Mali e nel Burkina Faso.

Di fronte a queste colossali sviste la premier Meloni può rivendicare una lungimiranza superiore non solo all'Eliseo, ma anche alla Casa Bianca. Per lei, del resto, parlano i fatti. Durante il suo mandato, oltre a imporsi come principale interlocutore della Tunisia e ad aver rafforzato la presenza militare nel Niger, ha più volte evidenziato la necessità di moltiplicare l'impegno per l'Africa.

E grazie a queste credenziali è sicuramente uscita a testa alta dal faccia a faccia con un'amministrazione statunitense dimostratasi incapace, fin qui, d'intravvedere le proiezioni su scala africana dello scontro con Mosca e Pechino.

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