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Rousseau travolge i 5 Stelle. Dibba se ne va: "Inaccettabile"

Il voto della base per l'ok a Draghi apre la frattura tra i grillini. Di Battista annuncia l'addio. Altri già pronti a seguirlo

Rousseau travolge i 5 Stelle. Dibba se ne va: "Inaccettabile"

Gli iscritti della piattaforma Rousseau hanno detto la loro sul prossimo esecuvito, ma le previsioni non parlano di concordia interna: il MoVimento 5 Stelle è nel caos. E il rischio dietro l'angolo è quello di una scissione bella e buona. L'ala purista - quella per intenderci che guarda ai valori fondativi della formazione pentastellata - non ci sta. Dopo l'espressione del 59% circa degli iscritti, che hanno guardato con favore del governo con Mario Draghi premier, le strade, per i massimalisti, sono due: restare all'interno del grillismo pur mantenendo dei distinguo ideologici, dovendo però sottostare alla volontà politica dei vertici e della base che ha votato su Rousseau, oppure fuoriuscire, dando vita ad una scissione. Le acque sono agitate: nulla può essere dato per scontato.

La frattura arriva con l'annuncio del pasionario, Alessandro Di Battista, che ha usato i social per comunicare la sua posizione: "Rispetto il voto degli elettori – ha fatto sapere attraverso un video – ma da ora in poi non parlerò in nome del M5s, perché il M5s non parla a nome mio. Questa scelta non riesco a superarla. Non posso fare altro che farmi da parte. Vedremo se un giorno o l’altro le nostre strade si rincroceranno".

"Questa scelta politica di sedersi con determinati personaggi, in particolare con partiti come Forza Italia, con un governo nato essenzialmente per sistematizzare il M5S e buttare giù un presidente perbene come Conte... questa cosa non riesco proprio a superarla. D'ora in poi non posso far altro che parlare a nome mio e farmi da parte. Se poi un domani la mia strada dovesse incrociarsi di nuovo con quella del M5S, vedremo: dipenderà esclusivamente da idee politiche, atteggiamenti e prese di posizione".

"Grazie a Beppe Grillo, è lui che mi ha insegnato a prendere posizione, anche controcorrente. E io oggi non ce la faccio proprio ad accettare un Movimento che governa con questi partiti, anche - per l'amor di Dio - con le migliori intenzioni del mondo", ha detto.

"È stata una bellissima storia d'amore, con gioie e battaglie vinte, ma anche diverse delusioni e qualche battaglia disattesa o persa. Io, con tutto l'impegno del mondo, non possono non considerare determinate mie convinzioni politiche. Poi magari mi sbaglierò su questo governo, ma non posso proprio andare contro la mia coscienza", aggiunge Dibba.

Bisognerà attendere, adesso, l'eventuale principio di un percorso che porti alla formazione di un'altra forza politica. L'ultimo a parlare è stato Pino Cabras, un parlamentare pentastellato. Il gioco ormai è a carte scoperte: "Non voterò la fiducia a Draghi se le premesse sono queste, nessuno conosce il programma. Per convincermi, Draghi dovrebbe stupirmi con effetti speciali", ha esordito il deputato, che ha rilasciato dichiarazioni all'Adnkronos. Poi un avvertimento neppure troppo velato dal punto di vista politico:"Quello di oggi su Rousseau è un referendum che non è avvenuto con le regole del referendum, dal momento che il quesito era inquinato dalla risposta che implicava. E' stata una manipolazione", mentre l'esito "dà una indicazione del fatto che il M5S è spaccato. C'è un evidente orientamento di moltissimi iscritti". Ventilare l'esistenza di una spaccatura è di solito un buon modo per veicolare una scissione. Anche su questo Cabras non si nasconde:

Il parlamentare gillino ha confidato di non essere tra i fautori di una divisione intestina, aggiungendo tuttavia che quanso si parla di scissione ci si riferisce ad "una dinamica che non è da escludere. Io - ha aggiunto il deputato del MoVimento- non sto lavorando per la scissione. Fin dall'inizio ho lavorato per sostituire una politica che ci ha portati a cedere su tutto. Ora bisogna vedere quali sono le condizioni. Crimi dice che l'indicazione degli iscritti è vincolante. Per me è vincolante il voto di 11 milioni di persone che non volevano quei governi in cui ora ci impelaghiamo!". Rispetto alla parabola politica ormai conclusa (almeno quella con i grillini), Di Battista ha aggiunto che è stata una "bellissima storia d'amore, piena di gioie e battaglie vinte. Anche con diverse delusioni e qualche battaglia disattesa o persa però questa è la politica. Non posso andare avanti, non posso non considerare determinate mie opinioni, determinate mie convinzioni politiche. Non posso proprio andare contro la mia coscienza", ha chiosato.

Due visioni, dunque: chi intravede nel risultato della piattaforma Rousseau il lasciapassare in grado di fornire qualunque giustificazione politica ai grillini e chi, invece, proprio non riesce a sedersi al tavolo con altre forze che verranno coinvolte nella costruzione di una solida maggioranza parlamentare in grado di reggere il governo Draghi. Il MoVimento 5 Stelle non è mai stato così vicino all'implosione. Difficile che qualcuno faccia questo nome dinanzi alle telecamere dei giornalisti, ma è chiaro che tra i palazzi romani si guarda soprattutto all'atteggiamento di Alessandro Di Battista.

Ma quanto è rimasto delle convinzioni del primo grillismo? La risposta è nei fatti politici della giornata. Sì, ma i vertici potrebbero rispondere, sottolineando come Draghi abbia immediatamente annuito dinanzi alla richiesta posta da parte grillina: quella della istituzione di un ministero per la transizione ecologica. Un punto che Beppe Grillo ritiene con tutta evidenza fondamentale. Cabras però ha argomenti da esibire pure in relazione a questo punto: "Ma cosa significa in concreto? Semplice: un decreto-legge sposterà dipartimenti e direzioni generali che adesso sono in altri ministeri (con tanto di strutture, risorse e personale) e li accorperà sotto un'unica nuova sigla. Saranno cambiate alcune targhe in ottone e la carta intestata. In cambio di questo Tetris di ufficetti, si cede su tutto quello per il quale erano stati chiesti e ottenuti i voti".

Da giorni, peraltro, si parla di una ventina di parlamentari pronti a salutare la formazione politica con cui sono stati eletti o comunque fortemente contrariati dall'ipotesi di votare la fiducia ad un governo Draghi. L'area massimalista qualcosa farà, Oppure, in questo processo di normalizzazione politica, le beghe verranno messe da parte, favorendo la dialettica correntizia. Come farebbe un partito tradizionale.

Quello che il MoVimento 5 Stelle, stando alla visione promossa, non sarebbe mai dovuto diventare.

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