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Movimento 5S in crisi: "Ora possiamo anche dissolverci"

Nel Movimento 5S dopo la batosta incassata alle elezioni regionali sono al tutti contro tutti. "Non escludo scissioni", "Ora può dissolversi"

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Amarezza, caos, guerra tra bande e addirittura istinti autodistruttivi. Insomma, nel Movimento 5S tira aria di crisi. Nera. Dopo la batosta incassata alle elezioni regionali, la rivendicazione, sbandierata da Luigi Di Maio, del successo nel referendum per compattare una compagine sempre più sfrangiata è servita poco o nulla. Dai governisti dimaiani ai fichiani filo Pd, fino ai più barricaderi che rimpiangono Alessandro Di Battista. I mal di pancia pentastellati sono trasversali. A cominciare dall'amarezza di Stefano Buffagni che, intervistato dal Corriere, confessa: "Sono inabissato e silente. Mi sento profondamente amareggiato. Se gli italiani ti danno questa risposta e noi facciamo finta che va tutto bene, beh allora non posso che stare in silenzio e guardare cosa succede". Più fatalista e rassegnato Elio Lannutti invoca l'autodistruzione: "Grillo e Casaleggio dissero che una volta raggiunto il programma, il Movimento si poteva anche dissolvere. Ecco, ormai ci siamo quasi".

L'unica forma di sopravvivenza al tutti contro tutti parrebbe la scissione. "Se ne parla da sette anni, dal primo giorno che siamo in Parlamento — spiega rassegnato il senatore Gianni Girotto — È normale dunque che oggi se ne parli, dopo questo risultato". E anche Carla Ruocco pare d'accordo. Ma le cose in comune finiscono lì. Poi è solo astio e accuse incrociate e il confronto si riduce in "guerra per bande", come ha sintetizzato il presidente della Camera Roberto Fico. Così divisi che persino individuare dei leader e scindersi in correnti sembrerebbe un'impresa. "La gente non è stata valorizzata — dice Ruocco — è stato tutto un gioco di amichetti e caminetti. Di Battista? Non si è mai messo in gioco realmente". E il movimentista della prima ora non va bene nemmeno a Dalina Nesci che è stufa di questo "carrozzone di big fallimentari". Mentre Emanuele Dessì ne è addirittura impietosito: "Sono rammaricato per lui. Dovrebbe ringraziare Di Maio e Crimi, non si sono fatte le alleanze. E invece ancora con questi video, questi modi astiosi, questo non citare per spregio le persone".

Poi però tra i litiganti c'è anche chi, di fronte al rischio estinzione, minimizza. Tacere e ingoiare per sopravvivere. Ne sa qualcosa il resiliente Sergio Vaccaro: "Non è il momento di una scissione, dobbiamo riorganizzarci". O il liquidatore Agostino Santillo: "Son solo mal di pancia isolati". Poi c'è chi, come Giuseppe Brescia, nega proprio l'evidenza: "È un vivace e fisiologico dibattito". Ormai il Movimento pare una nave alla deriva dove anche il capitano ha mollato la ciurma ormai allo sbando.

All'assemblea congiunta di oggi, infatti, il capo politico Vito Crimi ha dato forfait. Nessuna proposta sul da farsi neppure da chi dovrebbe dettare la linea. Voto su Rousseau di un leader o Stati Generali subito, oppure meglio optare per un organismo di traghettatori per farli nei prossimi mesi? Per ora non è dato saperlo. E il vertice, collegiale o monocratico? Anche qui sono divisi. A chi preferisce una leadership condivisa il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri ribatte secco: "No, un primus inter pares ci vuole. Come in un reparto: bene l’équipe ma serve uno che operi". Qui, però, a mancare non è solo il capo, ma proprio tutta la squadra. Dove "uno vale uno", nel senso che ognuno va per conto suo. E anche nella battaglia storica per la riduzione del numero dei parlamentari non sarebbero stati tutti d'accordo. Otto dissidenti avrebbero "osato" votare no al referendum, sfidando la mannaia dei probiviri. In odore di espulsione per aver violato il codice etico pentastellato ci sarebbero Andrea Colletti, Marinella Pacifico, Elisa Siragusa, Mara Lapia.

E le espulsioni restano ormai le uniche decisioni che il Movimento è in grado di prendere.

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