Il Movimento perde metà dei voti. E Di Battista lascia: non mi ricandido

A Ostia soltanto 35mila preferenze contro le 69mila del 2016 Il deputato su Facebook: resto grillino ma fuori dalle Camere

Il Movimento perde metà dei voti. E Di Battista lascia: non mi ricandido

Scoperta l'America, ora scoprono pure l' «effetto Raggi». I grillini vincono a Ostia, decimo municipio di Roma, e festeggiano, stappano bottiglie, si sbracano. Luigi Di Maio, candidato premier e «capo politico» da poco atterrato da Washington, commenta così il 60% raggiunto dalla candidata del M5s Giuliana Di Pillo: «Dopo un anno e mezzo di demonizzazione della Giunta Raggi continuiamo a vincere a Roma, come abbiamo vinto qualche mese fa nel terzo comune più grande del Lazio, adiacente alla capitale, Guidonia. L'effetto Raggi esiste, ma è positivo». Gli fa eco, ancora più sorridente del solito, la sindaca Virginia: «Grande vittoria, i cittadini sono con noi». Ci manca soltanto un endorsement per la Raggi nuovo commissario tecnico della Nazionale. Intanto l'altro frontman del Movimento, Alessandro Di Battista, fiutata l'aria «dimaiocentrica», la spara: «Non mi ricandiderò in Parlamento, ma non c'è nessun dissidio con Grillo e Di Maio». L'ennesimo coup de theatre.

Così anche la sarabanda delle celebrazioni sembra essere soltanto un nuovo cambio di scena nello spettacolo delle maschere grilline. Partiamo dai numeri: Virginia Raggi al ballottaggio del 19 giugno 2016 ottenne 69mila voti. La sua «pupilla» Giuliana Di Pillo, nel ballottaggio di domenica, raccoglie 35mila consensi. Metà degli elettori pentastellati che avevano premiato la Raggi circa un anno e mezzo fa o non sono andati a votare, oppure sono andati a destra. I tempi dell'«effetto Raggi» al contrario non sono poi così lontani. Virginia è in retromarcia da quando sono partite le prime inchieste, tutte quelle che hanno oscurato il «Raggio magico», con i guai dei vari Marra e Romeo, l'ottovolante degli assessori in moto perpetuo e il conseguente commissariamento milanese. Davide Casaleggio ha imposto l'amico veneto Massimo Colomban alle Partecipate, poi scappato a Treviso. Al Bilancio l'attivista romano Andrea Mazzillo è stato sostituito da Gianni Lemmetti, impacchettato da Livorno. Luca Lanzalone, l'avvocato che ha gestito le trattative sullo Stadio della Roma, si è accomodato sulla poltrona di presidente di Acea, ma viene da Genova, «patria» di Beppe Grillo. Bruno Rota, ex dg dell'azienda dei trasporti Atac, veniva da Milano. E come se non bastasse, Virginia Raggi ha al suo fianco anche due deputati tutor, il siciliano Alfonso Bonafede e il trentino, nato in provincia di Treviso, Riccardo Fraccaro. Entrambi vicinissimi a Luigi Di Maio. Beppe Grillo e Davide Casaleggio, poi, non hanno mai fatto mancare il loro sostegno al sindaco Raggi. E negli innumerevoli momenti di difficoltà hanno sempre pernottato nel loro quartier generale romano con affaccio sui Fori Imperiali, l'ormai famoso Hotel Forum. Un sostegno fatto di vertici segreti, rimproveri e sindaca in lacrime davanti ai «capi». Al tempo spirava il vento dell'«effetto Appendino», volevano candidarla premier al posto di Di Maio, modificando le regole del Movimento con il solito tratto di penna.

Ma ora Chiara detta «la madamina» è in difficoltà, aggrovigliata nell'inchiesta sulla ex Westinghouse, che la

vede indagata per falso in atto pubblico e il caos della tragica notte di Piazza San Carlo, per il quale è accusata di omicidio, lesioni e disastro colposo. Forse è meglio pensare al presunto «effetto Raggi», finché dura.

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