«Il mio grande cruccio è che forse, se avessi portato mia mamma subito in un altro ospedale, ora sarebbe viva». Giulio Monastero è il figlio di Gilda Rizzo, la donna di 78 anni morta lunedì scorso all'ospedale di Vibo Valentia. Quando è arrivata lì aveva l'intestino perforato, e delle condizioni generali già troppo compromesse per essere operata. Ma è quello che viene prima che continua a tormentare suo figlio. Una catena di leggerezze. E, soprattutto, la mancanza di uno strumento banale come un'ecografo nell'ospedale di un comune da 7mila abitanti: quello di Tropea. Qui Gilda Rizzo, milanese di origine calabrese, era come ogni anno in vacanza con il marito e i due figli. Negli ultimi dieci giorni aveva forti dolori all'addome, così il 22 agosto ha chiamato la guardia medica. «Una visita precisa e meticolosa, al termine della quale ci consigliarono di andare al pronto soccorso dell'ospedale di Tropea», ricorda Giulio. È qui che inizia questa storia di malasanità.
I medici del pronto soccorso le fanno gli esami del sangue, le tastano l'addome e notano che è molto contratto. Ma consigliano di tornare il lunedì. «Erano circa le 22 di sabato, mi dissero: “Inutile che venga domani che è domenica, non ci sono medici quindi non può fare esami“», racconta il figlio. Viene prescritta un'ecografia, da fare due giorni dopo. Ma il lunedì mattina, alla richiesta di effettuare l'ecografia, la sorpresa: «La caposala mi disse: “Ma come? Le hanno prescritto un'ecografia? Impossibile. Non lo sanno che l'ecografo è rotto da due mesi?“, con un'espressione sarcastica». Alla donna vengono fatti solo gli esami del sangue, che rivelano che nel giro di appena due giorni l'emoglobina è scesa di un grammo. «È moltissimo, mi ha poi spiegato un amico medico, e anche da lì si doveva capire che qualcosa non andava. Ma io allora non lo sapevo», riflette il figlio. La 78enne viene dimessa di nuovo, con la prescrizione di prendere compresse al potassio e antispastici. In entrambi i passaggi in ospedale, quello di sabato e quello di lunedì, entra ed esce come codice verde. Ma alle 19 di lunedì le sue condizioni si aggravano. Arriva l'ambulanza, che questa volta la porta a Vibo Valentia. Dove finalmente si scopre la verità: ha l'intestino perforato, e nel frattempo questa lesione le ha procurato anche un'infezione. Ma è tardi, Gilda Rizzo ha la pressione bassissima, è una donna anziana, i medici spiegano che operarla non ha senso. Muore poco dopo. Adesso il figlio Giulio, che vive a Cusago, nel milanese, ha denunciato i medici dell'ospedale di Tropea.
«Anche se nessun risarcimento darà a me e mio fratello nostra mamma, pensiamo che chi ha lavorato con superficialità debba assumersi le proprie responsabilità, e speriamo che la sua morte serva a scardinare ospedali fatiscenti e gestiti in maniera dilettantistica, o creati per assegnare posti». Il coordinatore cittadino di Fdi Massimo Girtaner ha chiesto al ministro della Salute Lorenzin «di avviare le dovute indagini sull'ospedale di Tropea».Twitter @giulianadevivo
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