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Muri, giustizia e diritti Lgbt. Per la Ue c'è la mina Polonia

Scontro totale con Bruxelles: pronta una legge in stile Budapest. Barriera anti migranti al confine bielorusso

Muri, giustizia e diritti Lgbt. Per la Ue c'è la mina Polonia

La Polonia sovranista, finita nel mirino della Commissione Europea con tanto di supermulta da un milione di euro al giorno da pagarle per la mancata applicazione delle direttive in materia di indipendenza dei giudici, non demorde. Ieri non solo il suo governo ha convocato l'ambasciatore belga per protestare contro un discorso ritenuto offensivo del premier di Bruxelles Alexander De Croo, ma il Parlamento di Varsavia ha anche approvato la legge messa a punto dal ministero dell'Interno per la costruzione urgente di una barriera difensiva, con tanto di sensori e telecamere, al confine orientale con la Bielorussia, da dove proviene ormai da quattro mesi un flusso migratorio crescente che è la conseguenza di una scelta precisa del dittatore Aleksandr Lukashenko, che intende così mettere in difficoltà Polonia e Lituania per aver dato asilo ai vertici dell'opposizione bielorussa perseguitata.

La Polonia, insieme con una decina di altri Paesi Ue centro-orientali, aveva chiesto a Bruxelles finanziamenti per queste opere, ottenendo però un rifiuto appesantito da considerazioni molto critiche sull'opportunità di erigere muri in Europa. Critiche che sono state ignorate.

Sempre ieri era in discussione al Parlamento polacco una proposta di legge denominata «Stop Lgbt», i cui obiettivi somigliano molto a quelli per cui l'Ungheria è a sua volta sotto indagine dell'Ue: impedire manifestazioni di «orgoglio omosessuale» come il Gay Pride, ma anche ostacolare altre iniziative pubbliche ritenute di propaganda alle relazioni tra persone dello stesso sesso. La proposta non viene dai ranghi della maggioranza di governo (si tratta di un'iniziativa legislativa popolare, presentata da attivisti conservatori), ma ha comunque raccolto il sostegno della destra radicale ed è chiaro che se l'esecutivo la facesse propria si tratterebbe di un'aperta spinta a Bruxelles.

Mentre ancora non è chiaro quale sarà il destino dell'iniziativa di legge, a far discutere sono i toni aggressivi con cui i suoi promotori l'hanno presentata in Parlamento. Toni che hanno suscitato la prevedibile indignazione dell'opposizione di sinistra e di centro, ma anche perplessità nello stesso campo conservatore polacco: l'attivista Krzysztof Kasprzak in un Paese che nel Novecento ha conosciuto sulla propria pelle la brutalità dei veri totalitarismi di destra e di sinistra - è arrivato a paragonare al nazismo il movimento per i diritti Lgbt, citando una sua presunta volontà di «sovvertire l'ordine naturale e introdurre il terrore».

Tornando alla questione della maximulta, il governo polacco non si è sbilanciato sull'intenzione di pagarla e questo ha suscitato una sorta di corto circuito interno alle istituzioni europee. David Sassoli, presidente dell'Europarlamento, infatti, ha ottenuto che il servizio giuridico di quest'ultimo presentasse alla Corte di Giustizia europea un ricorso contro la Commissione Europea per non aver messo in pratica il cosiddetto regolamento sulla condizionalità: in pratica, per non aver dato seguito con i fatti alle parole della presidente Ursula von der Leyen, sospendendo i pagamenti del bilancio Ue ai Paesi (come la Polonia) in cui lo stato di diritto è sotto minaccia. Questo ha spinto la Commissione a chiarire che le somme dovute verrebbero comunque recuperate, sotto forma di mancati pagamenti dell'Ue allo Stato membro, anche se la sanzione non venisse onorata.

L'iniziativa di Sassoli non è piaciuta alla Lega, che tramite proprie fonti al Parlamento europeo ha

fatto sapere di considerarla inopportuna e destinata a sicura sconfitta sul piano legale. Secondo i leghisti, agendo così si restituisce ai cittadini europei l'immagine di istituzioni Ue inefficaci, litigiose e burocratiche.

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