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Myanmar, repressione brutale: 18 morti. Choc nel mondo, Ue pronta alle sanzioni

La polizia spara sui manifestanti pacifici. Gli Usa: "Abominevoli"

Myanmar, repressione brutale: 18 morti. Choc nel mondo, Ue pronta alle sanzioni

L'Unione europea parla di «repressione brutale» e annuncia che arriveranno presto misure adeguate. L'Onu «condanna l'escalation» di violenza, ma è dagli Stati Uniti che arrivano le parole più forti: «Abominevole prendere di mira i civili». Ha scatenato una dura reazione internazionale a catena la notizia di almeno 18 civili uccisi ieri dalla polizia nelle proteste in corso in Myanmar contro il golpe militare del primo febbraio scorso. Quella di domenica diventa così la giornata più sanguinosa dall'inizio delle manifestazioni.

Secondo diverse fonti di stampa locali la polizia ha sparato indiscriminatamente su manifestanti pacifici e disarmati a Yangon e nelle città di Dawei, Mandalay, Myeik, Bago e Pokokku. Altre decine di persone sono rimaste ferite e oltre 200 sono state arrestate nelle manifestazioni del fine settimana.

«Abbiamo il cuore spezzato nel vedere la perdita di così tante vite in Myanmar - si legge in un commento pubblicato sull'account Twitter dell'ambasciata Usa nel Paese asiatico guidato da San Suu Kyi prima del colpo di Stato, nel quale la leader è stata arrestata -. Le persone non dovrebbero affrontare la violenza per aver espresso dissenso contro il colpo di stato militare. Prendere di mira i civili è abominevole», scrive ancora l'ambasciata statunitense.

Anche le Nazioni Unite non hanno potuto fare a meno di intervenire, denunciando tra l'altro, nella sola giornata di ieri, anche l'arresto di 85 tra medici e studenti e di 7 giornalisti e oltre mille persone nell'ultimo mese. «Condanniamo fermamente l'escalation di violenza contro i manifestanti in Myanmar e chiediamo ai militari di interrompere immediatamente l'uso della forza contro manifestanti pacifici». Il popolo del Myanmar «ha il diritto di riunirsi pacificamente e chiedere il ripristino della democrazia. Questi diritti fondamentali devono essere rispettati dai militari e dalla polizia, non affrontati con una repressione sanguinosa».

I militari che hanno preso il potere in Myanmar lo scorso primo febbraio con un colpo di Stato hanno annullato i risultati delle elezioni di novembre 2020. L'annunciato è stato dato venerdì dal presidente della commissione elettorale nominata dai militari, Thein Soe, durante un incontro con i partiti politici. Nelle elezioni del 2020 ha trionfato la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi.

Le accuse di frode mosse dai militari devono ancora essere dimostrate.

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