L'analisi del G

Con la Nato impegnata sul fronte russo l'"Italia africana" tornerà centro strategico

Da millenni i rapporti economici e culturali ci legano alla sponda sud del Mediterraneo. Dove ora Mosca e Pechino sono forti. E dove saremo sempre più protagonisti di un nuovo ordine di questo mondo

Con la Nato impegnata sul fronte russo l'"Italia africana" tornerà centro strategico

Quando pensiamo all'Italia come entità storico-geografica immersa nei destini del mondo, dimentichiamo troppo spesso di essere circondati non solo dal Mare Mediterraneo, ma di affacciare con tutta la nostra storia su quella presenza storica millenaria nel Mediterraneo e del Mediterraneo che è il Nordafrica: quel complesso di Stati che su quel mare si affacciano dall'Atlantico al Mar Rosso, dal Marocco all'Egitto, dalla Libia all'Algeria, alla Tunisia.

In quelle nazioni la presenza italica è stata non solo millenaria, ma storicamente sempre più evidente anche a partire dall'Otto-Novecento, con tutte le grandi trasformazioni che quei due secoli portarono con sé nei rapporti tra l'Africa Mediterranea e l'Europa, nelle evoluzioni coloniali di un capitalismo estrattivo che trasformò profondamente l'orizzonte di vita di quelle nazioni, di quei popoli e dei loro sistemi sociali e di potere. La presenza dei migranti africani e del Grande Medio Oriente che oggi dall'Italia si dirigono verso il Nord Europa ci fa spesso dimenticare che nell'Africa Mediterranea, per secoli, gli insediamenti europei, e quindi in primis italiani, co-fondarono i costrutti storico-politici coloniali che ancora oggi caratterizzano tutte le diversificate storie delle nazioni di quell'area. Comunità italiane importanti e significative di quell'area del continente africano, che oggi vivono, lavorano, danno un contributo importante alla vita politica ed economica di quelle nazioni.

Per questo vogliamo sottolineare la presenza italiana in quei Paesi. Essa si rispecchia storicamente nella diversità di destino che accompagna la presenza, altrettanto importante e significativa, delle comunità di quelle nazioni africane che oggi giungono e vivono in Italia, grazie alla grande trasformazione promossa dai cicli migratori che caratterizzano, con inusitata forza negli ultimi vent'anni, tutta la storia mediterranea del Grande Medio Oriente e dell'Europa, dell'Italia. Negli anni che verranno, questa storia diverrà il presente e il futuro non solo dell'Italia affacciata sull'Africa Mediterranea, ma sempre più anche di tutta l'Europa. La guerra di aggressione imperialistica e imperiale della Russia all'Ucraina riclassifica i vettori del parallelogramma di potenza europea. Il fianco Sud della NATO verrà depotenziato a favore del plesso scandinavo-baltico, attribuendo alla Polonia quel ruolo storico che essa ha avuto nei secoli centrali del passaggio dall'era moderna all'era contemporanea, senza più subire il destino che la divise per troppo tempo. Il tutto attribuisce e attribuirà sempre più al Regno Unito, per la sua forza nucleare e l'appartenenza all'anglosfera dell'intelligence e delle forze militari schierate nell'Indo-Pacifico, un ruolo decisivo diretto a declassare la Germania dalla sua ascesa al potere mondiale attraverso l'economia e l'accordo industriale con la Russia e con la Cina: gli USA non possono accettare tale ascesa nel loro domino mondiale che alimentano continuamente.

Nel Mediterraneo, tuttavia, ed ecco l'importanza della nostra rifessione, i destini del mondo continuano a dipanarsi senza tregua. E con grandi cambiamenti dal passo planetario. La Cina e la Russia avvolgono l'Africa del Nord e sub-sahariana con i loro prolungamenti di potenza in guisa anti-francese e anti-egiziana e (in Libia) anti-italiana, anche promuovendo quella pacificazione tra le forze sciite e saudite che se inverasse irreversibilmente ridisegnererebbe il rapporto arabo-palestinese-israeliano in forma profonda. La riaffermazione del potere di Assad in Siria segna, del resto, un'impotenza drammatica delle grandi e medie potenze occidentali. Il Patto di Abramo è una risposta a questa dislocazione dei rapporti di potenza anche nel plesso mediterraneo .

Quel che a noi interessa, del resto, è la novità interpretativa basata su una circolarità cognitiva «concreto-astratto-concreto»: comprendere i mutamenti della storia non in una sorta di bolla geopolitica distaccata dal farsi delle imprese, delle culture, delle relazioni sociali e comunicative, ma con una densità espressiva ricavata dalle fonti che danno senso alla storia del presente: interviste, ricerche, testimonianze non solo di studiosi ma di tutti gli attori del vivere sociale, universale e nazionale. Dobbiamo e vogliamo comprendere. Ed è tanto più vero e utile comprendere, perché l'Italia è Italia anche fuori d'Italia e l'Italia è, come in tutta la sua millenaria storia, l'insieme delle popolazioni che si sono insediate o si insediano nei nostri confini e in quelli europei in questi ultimi anni. La storia è sempre storia di flussi e di relazioni. Ed è storia di insediamenti e di trasformazioni che caratterizzano la vita delle nazioni e delle culture degli universi-mondi in cui la nostra vita è immersa.

Questo disporsi della storia mondiale tra Europa e Africa mediterranea è una costante reciprocità di mondi, anziché di diversità e di contrasto come oggi, invece, si continua a fare e a pensare. Così ci si priva di una visione d'insieme della storia mondiale di cui l'Italia è tanta parte. Gli italiani vivono e lavorano in quelle terre e di quelle terre dobbiamo conoscere di più la struttura economica e sociale, le culture, le pratiche religiose e sociali nella loro più larga accezione. Ognuna di queste presenze storiche ha il suo doppio: tanti italiani lavorano in Marocco e tanti marocchini lavorano in Italia e lo stesso deve dirsi per le presenze reciproche tra Libia, Tunisia, Algeria, Egitto. Abbiamo il compito appassionante di dare vita a mondi significativi, intrecciati, composti da strati e strati di storie ed esperienze multiformi. È la nostra ispirazione: è il nostro intento di studio, di informazione giornalistica attenta e profonda, di documentazione e di creatività; uno sguardo che è quello proprio dell'antropologia e della sociologia comprendente: un'analisi che si fonda sull'inchiesta e quindi sulla parola e la ricerca dei significanti di quegli «universi mondi» in cui, e grazie a cui, le comunità vivono e lavorano.

È un compito di comunicazione che ci appassiona e che ci è proprio.

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