Navi, sottomarini e caccia: tutte le armi di Donald

I 54 miliardi di dollari in più per la Difesa Usa valgono l'80% del budget totale del Cremlino

Matteo Sacchi

Lo aveva ripetuto come un mantra durante la campagna elettorale: «Forze armate più grandi, più forti, più reattive». Lo aveva annunciato già in alcuni documenti della Casa Bianca e ora il presidente Donald Trump sta localizzato anche i fondi per portare avanti i suoi piani come Comandante in capo: 54 miliardi di dollari in più (il budget per il 2018 verrà presentato ufficialmente il 13 marzo). Si tratterebbe di un aumento di spesa di circa il 10% rispetto al livello attuale. Ma un aumento per fare cosa? Ovviamente è uno di quei temi su cui il Pentagono mantiene riservatezza. Ma è ovvio che si va oltre la lotta a Isis.

Secondo la maggior parte degli analisti il nocciolo duro degli investimenti dovrebbe riguardare la flotta. Attualmente la marina militare Usa conta circa 274 navi operative. L'idea del presidente e del suo staff sembra essere quella di riportare la flotta sopra le 308 unità operative (gli ammiragli sostengono che il numero ideale sarebbe 350). In questo caso resta da capire privilegiando che cosa. C'è il nodo delle nuove portaerei classe Gerald R. Ford che costano circa 10 miliardi l'una e la cui produzione va a rilento. La marina statunitense vorrebbe avere 12 portaerei operative entro il 2030 (ora ne ha 10), sostituendo nel frattempo le più datate della classe Nimitz. Questo è il fulcro della capacità di proiezione americana ma la US Navy vorrebbe anche 18 nuovi sottomarini d'attacco (i temibili classe Virginia), e 16 unità di superficie. Ripristinato anche il vecchio obiettivo delle 52 Littoral Combat Ships (scese a 40 programmate): il naviglio forse più adatto ad azioni di guerra asimmetrica e anti terrorismo. Il tutto senza rinunciare ai 12 nuovi sottomarini strategici classe Columbia. Ovviamente anche con gli aumenti di finanziamento la marina non può ottenere tutto. Però pare che a Washington abbiano pensato di rifarsi alla vecchia strategia dell'amministrazione Reagan in tempi di Guerra fredda. Ovvero parte dell'aumento potrebbe essere ottenuto attraverso la riqualificazione di unità esistenti. A partire dagli incrociatori lancia missili classe Ticonderoga (micidiali ma per certi versi fragili). L'aviazione invece vedrebbe salire il numero dei suoi veicoli da caccia a circa 1200, mentre l'esercito vedrebbe rinforzare organico e armamento pesante. L'amministrazione Obama privilegiava invece le «operazioni speciali» per azioni di supporto a Paesi terzi.

Di certo la scelta di Trump, anche se i contorni sono da chiarire, sembra orientata a precisi scenari geopolitici e non sarà gradita né a Mosca né a Pechino.

E come l'abbiano presa a Mosca lo ha subito lasciato capire Leonid Slutsky, presidente della Commissione Esteri della Duma: «Per ora si tratta di retorica pura - ha detto Leonid Slutsky, capo commissione Esteri della Duma -. Ma se il budget militare americano verrà aumentato allora reagiremo». Però è un fatto che l'aumento del 10% del budget previsto da Trump equivale da solo all'80% del budget annuale del Cremlino.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica