
Lentamente e con fatica, la tela di un negoziato che resta comunque in salita viene tessuta. Kiev è disposta a tutto per fermare la guerra, Mosca continua a tergiversare, l'Occidente è sempre più spazientito. E allora l'intervento diretto del Vaticano punta a cambiare le carte in tavola. Secondo un'indiscrezione del Wall Street Journal il tavolo è apparecchiato e i colloqui sotto l'egida della Santa Sede dovrebbero iniziare entro la metà di giugno. Ai negoziati dovrebbe presenziare anche una delegazione americana per confermare il ruolo chiave degli Stati Uniti in questa fase, nonostante i continui cambi di idea e di umore del presidente Trump. Dopo le polemiche e le proteste secondo cui The Donald sarebbe stato troppo deferente verso lo Zar e continuerebbe ad avere fiducia in lui, ieri avrebbe confessato ai leader europei che Putin non è pronto a porre fine alla guerra, rimettendo in dubbio anche il suo «no» a nuove sanzioni. «Non sappiamo cosa Trump abbia detto», il laconico commento del Cremlino.
Già perché dalle parti di Mosca si continua a tergiversare, prendere tempo e prendersi gioco degli interlocutori. «Non ci sono ancora accordi specifici sui prossimi incontri, questo è ancora da definire, si sta lavorando per attuare gli accordi raggiunti a Istanbul», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov riguardo alla mediazione vaticana. Mentre Putin, continua a far finta di nulla. Ieri lo Zar ha annunciato la decisione «di creare la necessaria zona cuscinetto di sicurezza lungo il confine ucraino». Stessa identica dichiarazione rilasciata dallo stesso Putin il 17 marzo del 2024. E poi, puntualmente disattesa. Il misuratore di credibilità di Putin tocca il suo minimo per l'ennesima volta quando aggiunge che «il nemico generalmente sceglie obiettivi che non hanno alcuna rilevanza militare: oggetti, case e persone pacifiche», che detto da chi si è reso protagonista di stragi di civili in serie è quantomeno ardito.
Se la Russia quindi tira dritta nel suo programma bellicistico, l'unico obiettivo che sembra a portata di mano sembra lo scambio di prigionieri concordato nell'ultimo vertice di Istanbul. Il Cremlino ha fatto sapere di aver consegnato a Kiev una lista di persone secondo la formula «mille per mille», aspettando la lista ucraina che sarebbe già stata consegnata. Zelensky ha confermato che «stiamo lavorando per garantire questo risultato», annunciando anche che «ci sono state segnalazioni di contatti con i russi. Il ministro della Difesa ucraino Umerov supervisiona l'organizzazione del processo e l'attuazione dell'accordo». Il maxi-scambio potrebbe concretizzarsi entro breve, questione di giorni.
Intanto sempre da Kiev spunta un'altra indiscrezione. Secondo il capo dell'Ufficio presidenziale ucraino, anche la Svizzera avrebbe confermato la propria disponibilità a ospitare nuovi incontri per trattare la fine della guerra. Yermak ha parlato con il consigliere per la sicurezza nazionale svizzero, Gabriel Luechinger, spiegando che «la Svizzera ha confermato la sua disponibilità a ospitare anche i prossimi incontri».
Il futuro del conflitto quindi, passa dal Vaticano o in subordine dalla Svizzera. Con la consapevolezza che se Putin continua a tergiversare e a portare avanti la sua guerra contro l'Ucraina, contro tutti e contro tutto, non c'è dialogo che tenga.
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