Coronavirus

Nel nosocomio diventato il lazzaretto d'Italia: "Niente allarmismi, qui dentro siamo al sicuro"

La clinica assediata giorno e notte dai media: «La paura non abita da noi»

Roma - Via Portuense 292, quartiere Monteverde. L'ospedale Lazzaro Spallanzani, specializzato per le malattie infettive, è il «lazzaretto d'Italia». Qui sono ricoverati i tre cinesi affetti dal coronavirus e quelli sotto osservazione. Sempre in questa struttura nel 2014 viene curato il medico di Emergency, primo caso in Italia affetto da Ebola, proveniente dalla Sierra Leone e sbarcato a Pratica di Mare con un aereo militare.

Il nosocomio da 24 ore è assediato da giornalisti e televisioni di tutto il mondo. Fari puntati sul reparto diretto dal professor Emanuele Nicastri dov'è ricoverata la coppia di cittadini cinesi ultra sessantenni alloggiata all'Hotel Palatino. Un assalto mediatico a cui gli operatori sanitari sono abituati. «Voi giornalisti non dovete fare allarmismo» chiosa un medico. Qualcuno forza i blocchi ed entra nella zona «di massima sicurezza», sigillata come il treno nel film Cassandra Crossing. Paura? «Il reparto è sicuro - spiega un sanitario -, come sempre adottiamo tutti gli accorgimenti necessari per evitare contaminazioni sia dall'esterno che dalle stesse corsie verso l'esterno». Tute di protezione, calzari e volti coperti per chiunque lavori allo Spallanzani, insomma. Come accade nel pieno centro della Città Eterna. All'Esquilino, nel quartiere dove alloggiava la comitiva di turisti, i ristoranti cinesi sono semideserti. Stessa storia per gli empori, i parrucchieri, i centri massaggi.

A Roma, ma non solo, la paura del virus sta cambiando gli scenari di vita quotidiana. «Abbiamo sentito che bisogna stare attenti agli ambulanti, soprattutto hanno consigliato di evitare i banchi che vendono carne cruda e pesce» commenta un'anziana. Nello storico mercato rionale di Testaccio, come in quello a ridosso della stazione Termini e a piazza Vittorio, all'Esquilino, gli abitanti si guardano impauriti. Nella China Town romana, tra via Giolitti e San Giovanni, la gente indossa le mascherine o si copre il viso con sciarpe di lana. Mentre a Napoli l'audio di Gennaro a Forcella che «fitta il cinese con la tosse, tanto per evitare la fila alla posta o sulla metropolitana» spopola il web, nella capitale la paura di contrarre il virus è tanta. A via in Selci, in via Cavour, alla fermata metro della linea B ai Fori Imperiali la gente non si ferma. Pochi avventori nei bar.

«Ci mancava solo questo morbo - racconta Andrea, storico pizzettaro del Rione Monti - Sembra scoppiata una bomba nucleare».

In molti si domandano dove sono passati i due coniugi cinesi, in quali negozi hanno fatto shopping o mangiato in quelle poche ore di soggiorno in centro storico.

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