Guerra in Ucraina

Nella partita delle nomine non indebolire i nostri gioielli

È piuttosto preoccupante quanto è emerso dalla relazione del Copasir di un paio di giorni fa.

Nella partita delle nomine non indebolire i nostri gioielli

È piuttosto preoccupante quanto è emerso dalla relazione del Copasir di un paio di giorni fa. Il titolo della bozza parla di «Relazione sulle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina nell'ambito della sicurezza energetica». Preoccupante non già per la nostra dipendenza dal gas russo e dalla relativa difficoltà di cambiare fornitore al volo. Su questo bastava ascoltare anni di relazioni di Davide Tabarelli e della sua Nomisma Energia. No, sono piuttosto pericolose alcune considerazioni che la politica, il comitato è un organismo parlamentare, ha fatto sulle due principali società energetiche italiane: Enel ed Eni.

La mancata «cesura immediata» con le società russe è considerata un atteggiamento incoerente. Tanto più perché in contraddizione con le indicazioni fornite dal governo, si legge a pagina 25 della relazione. E ancora: «Queste scelte appaiono infatti discutibili e non possono trovare giustificazione facendo leva su argomenti che richiamano l'autonomia delle imprese o le logiche di mercato». E la soluzione per i nostri politici attenti alla sicurezza nazionale, gli stessi politici che per trent'anni non hanno mosso un dito per farci dipendere meno dalla Russia e oggi sono soddisfatti della potenziale dipendenza dall'Algeria, si legge nel paragrafo che segue: «In ordine alla tornata di nomine che interessano proprio alcune aziende a partecipazione statale di rilievo strategico per la tutela della sicurezza nazionale, si ravvisa l'esigenza che l'indicazione di soggetti per ricoprire ruoli di vertice non avvenga sulla base di selezioni operate da società private di consulenza aziendale..., ma siano sottoposti a modalità di selezione della massima trasparenza al fine di evitare qualsiasi condizionamento da parte di attori esterni».

Insomma al prossimo giro di nomine, gli spettabili parlamentari del Copasir sostengono che i vertici di Enel (nel tondo sopra, l'ad Francesco Starace), Eni (nel tondo sotto, l'ad Claudio Descalzi), Leonardo (fa armi e c'è da immaginare sia da considerare nella pattuglia) e Terna (tutti in scadenza l'anno prossimo) non siano scelti secondo logiche di mercato, ma seguendo non meglio precisati criteri che non siano quelli dei cacciatori di testa.

A parte il fatto, e in questo c'è da concordare, che nessuno crede davvero che le nomine pubbliche siano davvero fatte dagli head hunters, ma che piuttosto questi siano spesso la foglia di fico di scelte fatte altrove, c'è da chiedersi quali criteri vorrebbero al Copasir.

A questi illuminati politici vorremmo segnalare che le suddette aziende hanno percentuali intorno al settanta per cento del loro capitale in mano a privati. Che queste imprese hanno girato assegni miliardari in utili al Tesoro proprio perché competono sul mercato. Che nel passato le favolose logiche di cui parla il Copasir hanno permesso alle aziende pubbliche di accumulare miliardi di perdite. A questi signori che criticano tanto il mercato vorremmo chiedere se hanno la più pallida idea di che cosa farebbe il mercato con quei titoli se si mettesse ai loro vertici gente che ascoltasse più le loro indicazioni che quelle del bilancio.

È ovvio, siamo in guerra, anche se per interposta nazione. Ma veramente oggi la responsabilità della dipendenza dalla Russia deriva dalle nostre aziende ad ex partecipazione statale? Davvero è responsabilità dei loro attuali vertici? E gli attuali vertici da chi sono stati nominati se non dal Tesoro? Davvero riteniamo che un manipolo scelto di parlamentari decreti la bontà delle operazioni manageriali di queste imprese? Quando il Copasir sostiene che siano «discutibili» le scelte manageriali e dice che non valgono per Eni, Enel, Leonardo o quello che volete voi, le logiche di mercato, viene da chiedersi quali logiche valgono? Quelle politiche. Davvero? E allora vale la posizione degli attendisti grillini alla Conte o quelle dei ritrovati filo atlantisti del Pd? Forse potremmo mettere ai voti, non del consiglio di amministrazione, ma del governo o di qualche comitato le scelte aziendale, prese, pensate che pazzi, in autonomia.

Leggetela tutta quella relazione. Socialismo reale declinato in salsa moderna emergenza.

Il Tesoro è uno degli azionisti di quelle imprese: il più importante. Stiamo attenti a gettare alle ortiche «logiche di mercato» e «autonomia di impresa» per non meglio precisati obiettivi di sicurezza nazionale.

Il parlamento che ne aveva tutti gli strumenti non ha mai fatto nulla per renderci indipendenti energeticamente e oggi sembra che tutto ciò derivi dall'eccessiva indipendenza delle sue partecipate pubbliche.

Commenti