
Nessuna intenzione di lavare i panni sporchi in separata sede. Anzi nuove accuse pubbliche all'Ue: sul suo social network Truth e poi sfruttando l'incontro di ieri con i cadetti di West Point. Su una griglia che già brucia miliardi in Borsa, Donald Trump rimette (in discussione) anche la partnership militare con gli alleati del Vecchio Continente: «Siamo stati fregati per anni, anche a livello Nato, ma ora non accadrà più». La minaccia di portare i dazi sull'export Ue al 50% dal 1° giugno resta. E torna a punzecchiare il «governo» continentale descrivendo gli States come Paese democratico, lasciando intendere che i partner Ue non lo siano. O non come lui vorrebbe.
Trattativa ingolfata sui dazi. Eppure, rispetto allo stop di due giorni fa, e visti i nervi saldi mostrati dai 27, Trump torna a dire che l'obiettivo è «negoziare» ma non per forza giungere a un accordo. Attraverso il Wall Street Journal filtrano le ragioni dell'ennesima prova di forza: i consiglieri avrebbero espresso nervosismo ai funzionari europei per le variopinte priorità commerciali mostrate dai membri Ue. Avrebbero rallentato i colloqui. Lungaggini, farraginosità nelle decisioni e nelle interlocuzioni, classiche dell'Ue. Dubbi anche sull'avere controparti di fatto imposte a Washington, che escludono (per ora) ogni dialogo individuale e magari accordi economici con singoli Stati o leader come quelli azionati «B2b» col Qatar.
La collegialità europea, croce e delizia del Vecchio Continente, è spaesante agli occhi della Casa Bianca a trazione MAGA, che ha avviato intese con Cina, India, Gran Bretagna e Paesi del sud-est asiatico dopo le bordate lanciate anche a loro. Ieri il segretario al Tesoro Bessent ha affermato che potrebbero essere annunciati «diversi grandi accordi commerciali» nelle prossime due settimane. Ma non ancora con l'Ue. Perché, concettualmente, non si sposa con l'idea Business-to-Business che Trump sta imponendo. Dopo l'ennesima telefonata Usa-Ue sui dazi andata a vuoto, quella che venerdì hanno avuto il Trade Representative statunitense Gree e il Segretario al Commercio Lutnick con il Commissario Ue efcovic, l'irritazione della Casa Bianca è andata in onda su Fox News, provando a far cedere la fortezza comunitaria, timida pure sul pressing Usa per far imporre dazi Ue sulle merci cinesi. I leader dei 27 hanno fatto ancora quadrato. Nessuno ha raccolto il guanto di sfida. Il confronto si riapre dall'ipotesi dazi 0 a 0. efcovic scrive su X che «l'Ue è pienamente coinvolta, impegnata a garantire un accordo che vada bene per entrambi», spiegando che «il commercio Ue-Usa non ha eguali e deve essere guidato dal rispetto reciproco, non dalle minacce». Se un accordo non si trova entro la data fissata da Trump, «pronti a difendere i nostri interessi». Ad oggi il «bazooka» di Von der Leyen da 100 miliardi resta in custodia. Ma si esplicita l'altra allergia di Washington: al no Ue a rimodellare le commissioni sui servizi di streaming e l'Iva, che la Casa Bianca considera ora una sorta di dazio; le norme sull'auto che per Trump penalizzano le vendite Usa; le multe inflitte dall'Antitrust a società statunitensi. «L'Ue ha un problema di azione - insiste Bessent - Sono 27, ma rappresentati da un unico gruppo a Bruxelles. Alcuni dei feedback che ho ricevuto sono che i Paesi non sanno nemmeno cosa l'Ue stia negoziando per loro conto».
Baranowski, viceministro all'Economia della Polonia (che ha la presidenza di turno) invita alla calma e taglia corto: Bruxelles e Washington «stanno negoziando, alcuni a porte chiuse, altri davanti alle telecamere, il fatto che si vedano roboanti dichiarazioni non significa che si tradurranno in azioni».