
Nel nebbione della periferia, improvvisamente appariva un enorme palazzo, come un moderno colosseo, incuteva paura mentre ti avvicinavi alla città seguendo, incerto, il bifilare della filovia. Era lo stadio del football, era, con il Duomo e il panettone, il simbolo di Milano, era San Siro nome di una chiesa, San Siro alla Vespra, tra via Uccello e via Masaccio, che Anteo Carapezzi, dirigente del Milan, scelse per quell'impianto voluto da Piero Pirelli, presidente affascinato dagli stadi inglesi. Ulisse Stacchini aveva progettato la stazione ferroviaria e poi il ristorante Savini, gli fu affidato l'incarico, con l'ingegnere Alberto Cugini, di allestire il modello del primo stadio di stile britannico, quattro rettilinei, nessuna curva, niente pista di atletica. Tredici mesi di lavoro, avviati il primo giorno di agosto del 1925, 10mila quintali di cemento, 3.500 metri cubi di sabbia, 1.500 quintali di tondini di ferro e poi 80 chilogrammi di gesso a segnare il campo, totale 5 milioni di lire, somma pesantissima per il tempo. L'impresa meritava lo sforzo contabile, la linea tranviaria fu allungata per raggiungere l'area, lo stadio prevedeva una capienza di 35mila posti, sotto le tribune furono collocate una scuderia, magazzini per il foraggio e fienili. Ovviamente toccò al derby inaugurare l'impianto con una amichevole, il 19 settembre del 1926, san Gennaro, domenica; Giuseppe Santagostino, detto Pinogia e Pin, realizzò il primo gol della storia di San Siro, portò in vantaggio il Milan che poi fu travolto dai nerazzurri, risultato finale 3 a 6.
Tempi eroici, fotografie sfumate di baffoni e mutandoni, folla festante, San Siro era già un formicaio di tifosi per l'ippodromo del galoppo, inaugurato nell'aprile del '20 e quello del trotto che aprì alle corse nel '25, era stata anche ultimata l'autostrada dei laghi, i terreni di San Siro erano stati donati al Comune da un benefattore perché fossero destinati, per vincolo poi disatteso da speculazioni edilizie, ad area sportiva, lo sport fu l'inizio di una nuova storia commerciale per Milano. Nel '35 la capienza fu aumentata a 55mila posti, nel '47 l'Inter abbandonò l'Arena Napoleonica per giocare nell'impianto del Milan, nel 1980 l'intitolazione a Giuseppe Meazza, il mondiale di Italia '90 portò il terzo anello e le undici torri cilindriche con rampa elicoidale.
San Siro era ed è stato da sempre lo stadio del calcio, ha ospitato eventi religiosi, concerti e incontri di boxe ma il football lo ha eletto a Scala, teatro esclusivo di questo sport, della sua bellezza, della sua genialità, del suo imprevedibile corso.
C'era la porta del freddo, alla destra della tribuna centrale, chili di segatura a coprire la galaverna e la teppa, odore di stallatico e profumo di olio canforato, palloni di cuoio scuro, legacci sulle cuciture della vescica, scarpe con tacchetti chiodati in legno, sfide epocali, di campionato, di coppa, pioggia e neve, nebbia e sudore, Lorenzi e Schiaffino, Rivera e Mazzola, Nyers e Skoglund, Nordahl e Liedholm, Facchetti e Moratti e Carraro, Nereo Rocco, Helenio Herrera, quattro finali di coppa dei campioni, mille partite, il timore rispettoso all'ingresso nel tempio, l'album dei ricordi è alle ultime pagine.Nessuno potrà demolire la storia di San Siro.